Sub-Regional Conference on Female Genital Mutilation, "Towards a political and religious consensus against FGM" - Media Coverage

Giornale di Sicilia - Djibouti, 2-3 February 2005

Il Giornale di Sicilia
01 febbraio 2005

  • MUTILAZIONI FEMMINILI: IN AFRICA QUALCOSA STA CAMBIANDO
    di Emma Bonino
    Da qualche mese, c'è un documento sul tavolo delle cancellerie dei paesi membri dell'Unione Africana di cui in Italia, ma anche in Europa purtroppo, poco si è parlato, nonostante il suo dirompente potenziale innovativo: il Protocollo di Maputo, una sorta di "Carta dei diritti" delle donne africane che, se entrasse in vigore, farebbe piazza pulita di tutte quelle restrizioni tipiche delle società patriarcali, in cui la donna ha, in tutto e per tutto, un ruolo strettamente subordinato a quello dell'uomo e di questo testo, adottato dai Capi di Stato africani l'8 luglio 2003 a Maputo.
    La forza riformatrice è insita nelle materie toccate dal Protocollo: dal riconoscimento e la salvaguardia della dignità umana, della vita, dell'integrità e della sicurezza della donna, al divorzio, l'uguaglianza dinanzi alla legge, la partecipazione politica, la disciplina dell'eredità, i diritti economici e sociali. All'art. 5 esso condanna, come violazione dei diritti umani, tutte quelle pratiche lesive della salute fisica e psichica della donna; in particolare, fa esplicito riferimento alle mutilazioni genitali femminili (Mgf), impegnando gli Stati parte ad adottare le misure di legge necessarie ad impedire il protrarsi di tali pratiche e ad informare e sensibilizzare tutti i settori della società rispetto alle Mgf e alle loro conseguenze.
    Tutte materie che trovano garanzia nelle costituzioni occidentali e nelle leggi da decenni, tanto da essere ormai - e troppo spesso - date per acquisite, come se le conquiste civili avessero, di per sé stesse, la capacità di resistere alle spinte involutive che pure in un regime democratico possono verificarsi. Le donne africane dall'Egitto al Sud Africa dispongono oggi di questa grande opportunità che è data dal Protocollo di Maputo: la possibilità di divenire finalmente cittadine a tutti
    gli effetti e di non essere più considerate "beni mobili" soggetti alla potestà del padre, del marito o del fratello.
    Rispetto al fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, un'incidenza notevole è data dall'elemento religioso, che in molti paesi viene usato strumentalmente per giustificare e legittimare la pratica. Su questo versante, una svolta di fondamentale importanza che sta determinando, anche se lentamente, un'inversione di tendenza, si è registrata in particolare dopo la conferenza del Cairo del giugno 2003, organizzata da Non c'è Pace Senza Giustizia in collaborazione con Aidos nel
    contesto della campagna internazionale "StopFGM!", in cui le massime autorità religiose egiziane, l'Imam Tantawi della Moschea di Al-Ahzar e il rappresentante del patriarca della Chiesta copta, hanno inequivocabilmente escluso qualsiasi legame tra le Mgf e la religione. Concetto ribadito con vigore anche nel dossier redatto da Salim Al Awaa, docente di diritto musulmano all'Università di Al-Ahzar, e distribuito agli inizi di gennaio di quest'anno, dal principale quotidiano egiziano Al-Ahram. Circa un mese dopo la conferenza del Cairo, l'Unione Africana ha adottato il Protocollo di Maputo che, ad oggi, è stato ratificato da sei paesi (Libia, Sud Africa, Isole Comore, Ruanda, Namibia e Lesoto), dei quindici necessari affinché entri in vigore. Sulla spinta del varco aperto dal Protocollo di Maputo, Non c'è Pace Senza Giustizia ha deciso di incentrare la seconda fase della campagna su attività che contribuiscano alla creazione di un quadro politico, legislativo e sociale che determini l'abbandono delle Mgf e acceleri il processo di ratifica del Protocollo stesso da parte del maggior numero di paesi possibile.
    A tal fine, il 2 e 3 febbraio prossimi, si terrà a Gibuti, paese dove l'incidenza delle Mgf è altissima, una conferenza sub-regionale dal titolo "Verso un consenso politico e religioso contro le Mgf", organizzata da Non c'è Pace Senza Giustizia in cooperazione con il governo del Gibuti e il sostegno finanziario dell'UNICEF, della Cooperazione Italiana, e di altri sponsor pubblici e privati. L'obiettivo prioritario della conferenza, che vedrà la partecipazione delle massime autorità religiose del paese e di rappresentanti governativi ed esponenti della società civile degli Stati della regione, è quello di porre a confronto le diverse legislazioni esistenti e le politiche attuate in materia di Mgf, in modo da concepire strategie di lotta comuni in base ai principi definiti dal Protocollo di Maputo.
    E proprio alla vigilia della Conferenza, anche grazie alla mobilitazione che si è riusciti a creare nel Paese il Parlamento di Gibuti ha ratificato il Protocollo i cui strumenti di ratifica saranno solennemente consegnati al rappresentante dell'Unione Africana alla fine della Conferenza dal Primo Ministro. Dopo Gibuti altre conferenze segneranno con la stessa impostazione e con l'intento specifico di contribuire alla ratifica, a maggio/giugno sarà la volta del Mali, poi del Ghana, con
    l'obiettivo dell'entrata in vigore il più rapidamente possibile del Protocollo di Maputo: un obiettivo difficile, per le forti resistenze che incontrano molti dei principi che vi sono enunciati e che proprio per questo necessitano di ogni aiuto possibile per tutti coloro, specie le donne, che in Africa si battono per ottenerlo.