07 Feb 2017 - NPWJ News Digest on FGM & women's rights

NPWJ in the news

La giornata di riflessione per dire stop alla tortura delle MGF
di Giada Gramanzini, La Voce di New York, 07 Feb 2017


Il 6 febbraio ė la Giornata internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), istituita dalle Nazioni Unite nel 2003, in seguito al discorso tenuto dalla First Lady della Repubblica Federale di Nigeria Stella Obasanjo, durante la conferenza del Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali che inficiano la salute di donne e bambine.
(…)
A livello globale, almeno 200 milioni di donne e bambine hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale in 30 paesi, con una particolare concentrazione in Africa e in alcune comunità di Asia, America Latina ed Emirati Arabi. Nella maggior parte di questi territori, le ragazze vengono mutilate prima del loro quinto compleanno.
L’abolizione delle mutilazioni genitali femminili è stata richiesta da numerose organizzazioni intergovernative, tra cui l’Unione Africana, l’Unione Europea e l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, così come in tre risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il programma congiunto UNFPA-UNICEF sulle mutilazioni genitali femminili si concentra sulla tutela di donne e bambine da pratiche di questo tipo e sulle cure di quelle sopravvissute, utilizzando un approccio partecipativo e culturalmente sensibile, fondato sui diritti umani. Fin dalla sua istituzione nel 2008, tale programma ha sostenuto nella lotta contro tali pratiche ben 17 paesi, 13 dei quali sono riusciti a creare politiche, disposizioni di legge e dotazioni di bilancio necessarie ad annientare questo male. Nel 2016, inoltre, grazie alla collaborazione con i governi, la società civile e le comunità, il programma congiunto UNFPA-UNICEF ha raggiunto importanti traguardi: le dichiarazioni pubbliche di abbandono delle MGF sono state effettuate all’interno di 2.906 comunità in ben 15 paesi e 10.080 famiglie in Egitto, per un totale di circa 8,5 milioni di persone; più di 730.000 donne hanno ricevuto protezione e servizi di assistenza tramite diversi interventi multisettoriali; i responsabili sono stati assicurati alla giustizia, vedendo l’esecuzione di 71 arresti, con 252 casi di MGF provati in tribunale e 72 condanne.
(…)
Sia sul piano politico che su quello della cooperazione allo sviluppo, il governo italiano è sempre stato attivamente impegnato su questo fronte, distinguendosi nella campagna internazionale e conquistando il ruolo di interlocutore privilegiato con i Paesi africani. L’Italia ha sostenuto, infatti, diverse azioni di contrasto al fenomeno: prima fra tutte, la campagna lanciata negli anni novanta dall’allora Commissario europeo Emma Bonino al fianco dell’organizzazione Non C’è Pace Senza Giustizia, (rilanciata nel 2010 insieme ai Radicali Italiani). Grazie a Mara Carfagna, tramite il Dipartimento per le pari opportunità, un’altra campagna per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle mutilazioni genitali femminili è stata realizzata nel 2008. Il nostro paese ha inoltre supportato la campagna europea END FGM, lanciata da Amnesty International nel settembre 2009, che appoggiava a sua volta la forte richiesta fatta dal Parlamento europeo per porre fine a questo terribile fenomeno, attraverso una risoluzione congiunta adottata il 14 giugno 2012.

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"Medicalisation is one of the biggest threats against the programme to eliminate FGM", the experts said
Reuters / The Indian Express / All Africa, 07 Feb 2017


A growing trend for midwives and nurses to carry out female genital mutilation (FGM) is undermining global efforts to eradicate the internationally condemned practice, experts have warned. Morissanda Kouyate head of the Inter-African Committee on Traditional Practices called for courts to get tough on health workers convicted of carrying out FGM. He also urged professional medical and health associations to expel members who repeatedly perform FGM.
“Medicalisation is one of the biggest threats against the programme to eliminate FGM,” Kouyate told the Thomson Reuters Foundation by phone from Rome ahead of international FGM awareness day on Monday. He called for countries to revise their laws on FGM to make clear that health professionals convicted of offences should face the maximum sentences allowed under the legislation. An estimated 200 million girls and women worldwide have undergone FGM, which usually involves the partial or total removal of the female genitalia and can cause a host of serious health problems.
Speaking at a global conference on FGM in Rome last week, Kouyate said medicalisation was an unfortunate result of early efforts to tackle FGM, which had focussed on the health risks. The ancient ritual – practised in at least 27 African countries and parts of Asia and the Middle East – is usually carried out by traditional cutters, often using unsterilised blades or knives. In some cases, girls can bleed to death or die from infections. Later on, FGM can cause fatal childbirth complications.

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Masooma Ranalvi: We need stringent laws to ban practice of khatna
by Gaurav Sarkar, Mid Day (India), 06 Feb 2017


It is one of our secret shames. But when the world observes International Day of Zero Tolerance for Female Genital Mutilation today, Masooma Ranalvi and her group of 50 Bohri women from across India will have it split wide open.
Ranalvi (50), a former Mumbaikar who now resides in Delhi, was the only Indian representative at the two-day BanFGM conference held in Rome last week. The conference, attended by nearly 30 countries, aimed at addressing current challenges that countries face in ending female genital mutilation (FGM).
Ranalvi tells mid-day she discussed the prevalence of the practice in India, locally known as khatna in the Bohri community. “Many didn’t believe that it happens here.” But there could have been no one better than her to convince them of it. For, she was ‘cut’ at the age of 7. “All of us were deceived into being cut. It was my grandmother who took me. The experience was horrific,” says Ranalvi, who founded Speak out on FGM comprising 50 women in 2014.

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Approvata alla Camera la risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani
Agenpress, 01 Feb 2017


La Commissione Esteri della Camera dei Deputati approva la risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani che riprende le richieste di una rete di organizzazioni della società civile italiana per la protezione degli attivisti impegnati nella tutela dei diritti umani nel mondo. “Un importante passo in avanti”: così commenta Francesco Martone, responsabile advocacy dell’organizzazione “Un ponte per…”, l’approvazione della risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani avvenuta oggi alla Commissione Esteri della Camera e presentata a prima firma dall’On. Marietta Tidei (PD).
“La presa di posizione del Parlamento giunge in una fase di grave acutizzazione dell’attacco alle donne a agli uomini impegnati nella difesa dei diritti umani nel mondo, e ad un mese dalle iniziative per ricordare Bertha Caceres, attivista indigena honduregna uccisa per essersi opposta ad un progetto di diga nella sua terra”, spiega Martone.
La risoluzione riflette infatti le proposte e le richieste formulate da un’ampia coalizione di oltre 20 associazioni ed organizzazioni della società civile italiana impegnate nella difesa dei diritti umani, nella tutela ambientale, per la libertà di espressione e di stampa, per il sostegno ad attivisti/e ed avvocati/e minacciati nel mondo a causa del loro lavoro. Nell’ottobre scorso la coalizione aveva inviato una prima lettera, all’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, e poi organizzato il Convegno internazionale “Difendiamoli!”, ospitato alla Camera il 28 novembre 2016, cui erano stati invitati difensori e difensore dei diritti umani da ogni parte del mondo.Tra gli obiettivi dell’iniziativa quello di fare pressione sulla Farnesina affinché si doti di strumenti di protezione degli attivisti e delle attiviste minacciate, sulla scia di quanto fatto da altri paesi dell’Unione Europea, dando così seguito agli orientamenti della stessa Ue in materia.
In seguito, dovranno essere anche messe a punto diverse modalità di concessione di visti temporanei per coloro che sentano la necessità di lasciare momentaneamente i propri paesi.  La rete italiana, inoltre, sta lavorando per coinvolgere gli Enti locali nella creazione di “città rifugio”, che possano dare protezione e accoglienza temporanea. “Adesso ci aspettiamo azioni concrete, prima fra tutte l’attuazione degli orientamenti UE in maniera trasparente, attraverso l’elaborazione e la pubblicazione di linee guida per il personale diplomatico italiano, al fine di permettere un monitoraggio del loro lavoro e agli/alle attivisti/e di essere informati delle possibilità di sostegno”, prosegue Martone. “Chiediamo che l’Italia che presiederà il prossimo anno l’OSCE, organismo che ha delle linee guida eccellenti sul tema, metta la questione dei difensori e delle difensore dei diritti umani al centro dell’agenda politica internazionale”.
La coalizione italiana sui difensori dei diritti umani è composta e sostenuta  da: AIDOS, Amnesty International, Associazione Antigone, Centro di Ateneo per i Diritti Umani, Università  di Padova,  Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, AOI, ARCI, ARCS, Associazione Articolo 21, CGIL , Comitato Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, COSPE, Fondazione Lelio e Lisli Basso-Issoco, Giuristi Democratici, Greenpeace Italia, Legambiente, Libera. Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Non c’è Pace senza Giustizia, Operazione Colomba, Radicali Italiani, Rete per la Pace, Terra Nuova, Peace Brigades International – Italia, Progetto Endangered Lawyers/Avvocati Minacciati, Unione Camere Penali Italiane, Un ponte per… 

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Mutilazioni genitali, 140 mln di vittime. Cooperazione in prima linea contro fenomeno
di Francesco Cosentino, Il Velino, 31 Jan 2017


“Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, 140 mln tra donne e bambine hanno subito qualche forma di mutilazione: è un numero inaccettabilmente alto destinato a crescere di 3 milioni all’anno”. Questo l’allarme lanciato da Pietro Sebastiani, Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo, nel corso della sessione conclusiva della conferenza “Worldwide Ban on Female Genital Mutilation”, organizzata alla Farnesina dall’Ong “Non c’è pace senza giustizia”, in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri e con l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Presenti, tra gli altri, l’ex ministro degli Esteri Emma Bonino, Morissanda Kouyaté, Direttore esecutivo del Comitato Inter-Africano sulle Pratiche Tradizionali, Luca Giansanti, Direttore Generale Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. “La Cooperazione italiana – ha aggiunto Sebastiani – ha sempre sostenuto gli sforzi della comunità internazionale contro questa pratica odiosa. Nel 2016 sono stati stanziati 2 milioni di euro per l’Unfpa/Unicef”. L’Italia, ha sottolineato, “è in prima linea in Senegal, Burkina Faso, Niger ed Etiopia” con programmi a sostegno delle vittime e per il loro empowerment. In quest’ottica l’Italia, in occasione del Global Leader Meeting on Gender Equality del settembre 2015, ha stanziato 50 mln per il biennio 2016/2017 proprio per l’empowerment delle donne”. Si tratta, ha concluso Sebastiani, “di un obiettivo ambizioso ma raggiungibile”.

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FGM: Bonino, from Italy a message of inclusion and dialogue, education and respect
(by Valentina Bianco, OnuItalia, 31 Jan 2017


“Tackling the issue of female genital mutilation is not about imparting lessons to one another but rather, about a process. Differences must not undermine us, nor should we allow stereotypes to divide us”.  This is the message Emma Bonino reiterates in her address at the Conference on the worldwide ban of female genital mutilation (FGM) that is taking place today and tomorrow at the Italian Ministry of Foreign Affairs, organized by the NGO “No Peace without Justice” (NPWJ), the Inter-African Committee (IAC) and their partners, in collaboration with the Italian Ministry of Foreign Affairs and the Italian Agency for Cooperation and Development.
Bonino, a long time politician who served in numerous capacities, including the post of Minister of Foreign Affairs, founded NPWJ in 1993 and has always shown unyielding commitment to humanitarian issues and women’s rights.  She explains that the eradication of FGM “is not a vision that rich countries wish to impose on poor ones, but there are clear-cut boundaries that cannot be crossed. We have the utmost respect for other cultures but we must defeat practices that are blatantly harmful”.

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FGM: Italy, “political will of governments is crucial
By Alessandra Baldini, OnuItalia, 30 Jan 2017


“Political will of governments is crucial” in eradicating all forms of violence against women, and specifically the practice of female genital mutilation, said the Secretary General of the Italian Minister of Foreign Affairs, Elisabetta Belloni, in her address at the Conference on the worldwide ban of female genital mutilation (FGM) that is taking place today and tomorrow at the Italian Ministry of Foreign Affairs, organized by the NGO “No Peace without Justice” (NPWJ), the Inter-African Committee (IAC) and their partners, in collaboration with the Italian Ministry of Foreign Affairs and the Italian Agency for Cooperation and Development.

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Les grandes leçons de la campagne contre les mutilations génitales
Emma Bonino, Le Soir, 30 Jan 2017


Des décennies de campagne pour défendre les droits des personnes les plus vulnérables et les plus défavorisées m’ont appris deux choses. La première est que le fondement de la plupart des violations des droits humains réside dans la négation de la liberté de choix personnel, et cela est d’autant plus vrai en ce qui concerne les droits fondamentaux des femmes et des filles. Les traditions, particularités culturelles et autres us et coutumes ne sont qu’un ensemble de prétextes disparates, dont certains se servent comme alibi pour continuer impunément à maintenir d’autres êtres humains en état de soumission. Les droits de l’homme sont universels et non négociables, et nous ne pouvons pas transiger d’un iota sur le respect de ce principe intangible. En d’autres termes, nous ne pouvons pas accepter que le fait de voler l’enfance d’une fille de sept ans, en la forçant à se marier avec un homme adulte et à subir une relation sexuelle, soit justifié au nom de la diversité culturelle, sous peine de devenir complice de ses bourreaux. Tout comme nous ne pouvons pas accepter qu’il y ait des endroits dans ce monde où le viol conjugal n’est pas puni par la loi, car il est considéré comme une expression du droit légitime d’exiger la satisfaction sexuelle de la part de son conjoint. Toute circonstance où la contrainte prévaut sur le libre choix constitue une violation intolérable de l’autodétermination individuelle, et doit être combattue en tant que telle.
La deuxième leçon que j’ai tirée concerne la relation entre le pouvoir politique et les citoyens. Eclaircissons d’emblée un fait : le pouvoir en soi n’est ni bon ni mauvais, mais son usage dévoyé peut causer des dégâts aussi conséquents que les avantages générés par son usage responsable. Prenons comme exemple la lutte contre les mutilations génitales féminines (MGF), une violation des droits humains qui touche la vie de près de deux cents millions de femmes et de filles dans le monde. Sans une interaction directe entre les militants qui luttent depuis plus de trente ans contre cette violence et les représentants institutionnels, nous n’aurions pas pu célébrer, il y a quatre ans, l’étape historique de la résolution des Nations Unies qui interdit universellement les MGF et enjoint tous les Etats à se doter de lois explicites à cet effet. Pour parvenir à ce résultat, nous avons pu compter sur la contribution cruciale tant des activistes africaines qui sont devenues en quelque sorte le visage de la campagne BanFGM, à l’instar de Khady Koita et de Nice Nailantei Leng’ete, que de personnalités comme Chantal Compaoré ainsi que l’actuelle Première dame du Burkina Faso, Sika Kaboré.
La volonté politique des gouvernements est donc fondamentale, et lorsqu’elle est absente le désir de changement demeure malheureusement circonscrit au règne des bonnes intentions. Pour que cette volonté politique parvienne à maturité, il faut cependant que les gouvernements écoutent leurs propres citoyens, les reconnaissent comme interlocuteurs et porteurs de besoins et d’exigences dont la res publica doit s’occuper avant toute autre chose. Multiplier les initiatives pour aider à créer des occasions de dialogue est donc crucial et cela a été le cœur de la méthode, innovante, qui a marqué deux décennies d’engagement de No Peace Without Justice. C’est sous cette même enseigne que, sur notre initiative et avec le soutien du gouvernement italien, les principaux protagonistes de la campagne BanFGM – ministres, parlementaires et activistes des pays où les MGF sont pratiquées, et les représentants d’organisations internationales – se réuniront la semaine prochaine à Rome pour définir conjointement de nouveaux objectifs de lutte et une stratégie d’action pour les réaliser.

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Farnesina, conferenza sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili
di Francesco Cosentino, Il Velino, 30 Jan 2017


È necessario superare “quelle logiche che considerano certi comportamenti come ordinari perché radicati nella società e nella cultura locale”. È necessario “muoversi secondo schemi improntati al dialogo, all’inclusività e alla responsabilizzazione delle comunità locali”. Lo ha detto il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, nel corso della conferenza “Worldwide Ban on Female Genital Mutilation”, organizzata alla Farnesina dall’ong “Non c’è pace senza giustizia”, in collaborazione con il ministero degli Esteri e con l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Presenti anche Elisabetta Belloni, Segretario Generale della Farnesina, Emma Bonino, fondatrice di “Non c’è pace senza giustizia”, Sika Kaboré, First Lady del Burkina Faso, e Lalla Malika Issoufou, First Lady del Niger. Proprio Issoufou, parlando dell’esperienza del Niger, ha sottolineato che il suo governo “vuole giungere alla tolleranza zero verso le mutilazioni genitali femminili”, rimarcando le “diverse iniziative prese” e sottolineando come “la percentuale sia in diminuzione, anche se ancora ci sono disparità etniche e regionali”. Issoufou ha infine ringraziato l’Italia per aver organizzato questa conferenza ma anche per “l’impegno in Niger”. Un impegno testimoniato anche dalla prossima apertura di due ambasciate, una nella capitale nigerina Niamey e l’altra nella capitale della Guinea, Conakry, come confermato nel corso della conferenza sia da Della Vedova che dalla Belloni. “La difesa dei diritti delle persone – ha sottolineato Bonino nel corso del suo intervento – sarà sempre un elemento importante e positivo. Le donne non sono una minoranza da proteggere ma protagoniste attive dei cambiamenti”.

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First ladies vow to fight 'barbaric' genital mutilation in West Africa
Emma Batha, Rome, Thomson Reuters Foundation, 30 Jan 2017


The first ladies of Niger, Burkina Faso and Benin promised on Monday to "end the scourge of female genital mutilation" (FGM) in their countries amid warnings the practice had gone underground in Benin. "FGM is a barbaric practice," Niger's Lalla Malika Issoufou told an international conference on FGM in Rome.
She said Niger's president, Mahamadou Issoufou, was fully behind efforts to eradicate the ritual and that the country was looking at bolstering its law. Worldwide, an estimated 200 million girls and women have been subjected to the ancient ritual which usually involves the partial or total removal of the external genitalia. It is often carried out by traditional cutters.
The internationally condemned practice is rooted in the wish to control female sexuality, but beliefs around it vary. Some communities see it as a prerequisite for marriage.

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Il peso della tradizione sopravvive alle norme contro le mutilazioni genitali
Vichi De Marchi, L'Huffington Post, 30 Jan 2017


Celina, un'insegnante kenyota, teme l'inizio del nuovo anno scolastico. Sa che molte delle sue studentesse di 11 e 12 anni non si presenteranno. Durante le vacanze estive i loro genitali sono stati mutilati. Per loro non ci sarà più la scuola. Ben presto le attenderà un matrimonio imposto dalla famiglia. Zeinab Hassan vive, invece, in Somaliland. La sua "mutilazione" è avvenuta quando aveva appena sei anni. "È stato terribile. Ancora ricordo il rumore del coltello", dice. Ora, ormai madre di tre figli, è attivista di Action Aid e da anni si batte contro le mutilazioni genitali femminili che, anche se formalmente vietate in moltissimi paesi e da una risoluzione (storica) delle Nazioni Unite, adottata nel 2012 (e ribadita nel 2014 e 2016), restano una pratica diffusa.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che siano 200 milioni le donne e le ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Di queste, 44 milioni non hanno ancora compiuto 15 anni.
La loro autonomia è spezzata così come il loro diritto all'autoderminazione, alla sessualità, a immaginare un proprio futuro. È "il prezzo della sposa", della sua verginità e affidabilità. Poco importa che per molte donne tutto questo abbia un prezzo anche in termine di salute, di rischio per la vita, quando per esempio mettono al mondo un figlio. Il peso della tradizione e di antiche convinzioni sopravvive anche alle norme che vietano le mutilazioni sessuali. Perché, a esercitare il controllo sul corpo della donna non vi è solo la famiglia ma un'intera comunità con le sue regole sociali difficili da spezzare, pena l'esclusione. Succede in molti paesi, non solo in Africa, anche se qui la pratica è più diffusa che altrove. Resiste, per esempio, con tenacia in Egitto, Eritrea, Mali, Somalia. Lambisce le nostre città. Alcuni casi, infatti, sono stati segnalati anche in Europa, in America del Nord e in Australia anche se ogni statistica è arbitraria, essendo un fenomeno che vive nella totale illegalità. A volte sono le vacanze scolastiche il momento più a rischio per le giovanissime immigrate con la famiglia che decide il ritorno al paese d'origine quando è giunto il tempo di farle "mutilare".
A lanciare l'allarme è la ONG "Non c'è pace senza giustizia" - da anni attiva contro le mutilazioni genitali femminili - che, oggi e domani, alla Farnesina, discuterà di leggi, di tutela dei diritti umani, di empowerment delle donne, a partire dalla adolescenti, chiamando a un confronto le protagoniste (del Nord e del Sud del mondo) della battaglia per l'eliminazione totale delle mutilazioni genitali femminili.

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Le mutilazioni genitali femminili, "un male universale »
Askanews / AI TV, 30 Jan 2017


La violenza sulle donne è "un male che ci affligge su scala universale" e occorre dunque riunire le forze per superare le logiche che considerano ordinari certi comportamenti - come la pratica delle mutilazioni genitali femminili - solo perché radicati nella società e nella cultura locale. Alla Farnesina, che ha ospitato la Conferenza per la messa al bando delle mutilazioni genitali femminili, promossa in collaborazione con "Non c'è pace senza giustizia", sono tutti concordi: si tratta di una "pratica nefasta".L'ex ministro degli Esteri Emma Bonino, da sempre impegnata per i diritti delle donne e contro questa terribile forma di violenza: "Ci sono settori e campi in cui la determinazione di alcuni paesi è continua e può fare, a medio termine, la differenza. Uno di questi temi è la promozione dei diritti delle donne, non intese come minoranza da tutelare ma come una maggioranza protagonista di un cambiamento".Su questi temi - secondo il pensiero comune ai partecipanti - nessuno dà lezione ad altri, perché si tratta di "un processo che a volte va avanti, altre volte torna indietro". E non bisogna farsi dividere dallo stereotipo che questa è la visione che il mondo ricco impone al mondo in via di sviluppo. "Impedire il matrimonio di una bambina di nove anni, non è divisione Nord-Sud, è solo una tutela della persona", ha avvertito la leader radicale. Non si tratta di tradizioni o di culture, ma di "pratiche nefaste che occorre superare, perché ci sono limiti molto chiari a cui non bisogna venir meno".Insomma, è fondamentale lavorare su "aspetti di natura culturale e sociale", hanno concordato il sottosegretario Benedetto della Vedova e il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni. C'è la necessità di guardare il problema in una prospettiva più ampia. Le donne possono fare la differenza migliorando la loro condizione, quella delle loro famiglie, del tessuto economico e del contesto sociale a cui appartengono". D'altra parte, ha commentato Elisabetta Belloni, è "sempre più evidente l'esigenza di operare nel settore dell'educazione, sulla consapevolezza che le donne per prime devono avere del diritto della libertà di scelta, dei diritti umani da applicare".

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Mutilazioni genitali femminili: "Fermiamole entro il 2030"
Repubblica, 25 Jan 2017


Nice Nailantei Leng'ete – ambasciatrice contro le mutilazioni genitali femminili e operatrice di Amref – torna in Italia per raccontare il suo lavoro in Africa. L'obiettivo è mettere al bando la pratica del taglio entro il 2030, come stabilito dalle Nazioni Unite. Diversi gli eventi e gli incontri a cui parteciperà, tra cui quelli con l'ex ministro degli Esteri, Emma Bonino e della presidente della Camera, Laura Boldrini. Nel 2015 il mondo si è posto dei nuovi obiettivi da raggiungere entro il 2030 per garantire il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Tra questi traguardi vi sono la garanzia della parità di genere e la messa al bando delle mutilazioni genitali femminili. Nice Nailantei Len’gete tutti i giorni traduce sul campo gli obiettivi che si sono dati i grandi della Terra. Lo fa nelle comunità africane in cui lavora, dove dal 2012 ha contribuito a salvare oltre 10.500 bambine dalla mutilazione genitale femminile.
Impegno mondiale. Già nel 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite emanò una risoluzione finalizzata all’eliminazione di queste pratiche. Negli anni sono stati compiuti vari progressi su questo fronte e oggi 24 dei 29 Paesi dove si concentrano maggiormente le mutilazioni hanno promulgato una normativa contro questa pratica.
Ridurre il gap. L’applicazione delle norme, tuttavia, non è sempre immediata, specialmente se il contesto è quello di comunità rurali remote e tradizionaliste. In Kenya e al confine con la Tanzania, Nice lavora per ridurre questo gap. Grazie al suo impegno e ai progetti proposti da Amref, si diffondono sempre di più i Riti di Passaggio Alternativi, frutto di un approccio utilizza attività di sensibilizzazione e formazione rivolte a tutti gli attori chiave delle comunità (inclusi anziani e giovani guerrieri Moran) per contrastare la pratica del taglio.
Chi è Nice. Giovane donna kenyota, dopo essere rimasta orfana, Nice è sfuggita a soli 9 anni al taglio, opponendosi con caparbietà alla volontà della sua famiglia. Da allora il suo impegno per mettere fine a questa pratica dannosa e violenta non si è mai arrestato. L’incontro con Amref Health Africa le ha permesso di ricevere la formazione teorica e tecnica di cui aveva bisogno per attivarsi in modo ancora più incisivo all’interno della sua comunità. Negli anni, il percorso di Nice si è arricchito di successi personali e professionali tanto dall’aver avuto occasione di incontrare alcuni tra i personaggi più illustri del XXI secolo, come Bill Clinton e - di recente - Barack Obama.
Gli appuntamenti. A giorni Nice tornerà ancora una volta in Italia- a Roma - per portare la sua testimonianza di impegno nella lotta alle mutilazioni genitali. Tra il 30 gennaio e il primo febbraio parteciperà alla conferenza “BanFGM” sulla messa al bando universale delle Mutilazioni Genitali Femminili. La conferenza è organizzata dall’associazione di “Non C’è Pace Senza Giustizia” – fondata dalla già Ministro degli Esteri Emma Bonino - e il Comitato Inter-Africano sulle Pratiche Tradizionali Nocive per la Salute di Donne e Bambini, in partenariato, tra gli altri, con Amref. Nella giornata del 26 gennaio, inoltre, Nice racconterà la sua battaglia contro il taglio e la promozione dell’istruzione femminile presso l’Università degli studi Link Campus University, in un incontro sul genere dei Ted Talk e avrà occasione di ricevuta dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, in un incontro ristretto.
I 60 anni di Amref. La visita di Nice si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per i 60 anni attività di Amref Health Africa e della correlata campagna permanente “Per noi non
Sei Zero”. Apre inoltre la strada alla prossima Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, il 6 febbraio, in occasione della quale Amref lancerà la prima pillola video di racconti dall’Africa. Narratore di eccezione, lo storico testimonial e amico Giobbe Covatta.

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Africa: Fight Against Female Genital Mutilation Progressing in Africa
By AllAfrica, 06 Feb 2017

This Monday marks the 14th International Day of Zero Tolerance for Female Genital Mutilation. Unicef has called to end FGM by 2030, adding it would focus efforts on 15 African countries. UN figures show at least 200 million girls and women are suffering the consequences of mutilation with girls of 14 and younger representing 44 million of those who have been affected. According to the UN, Female Genital Mutilation (FGM) "comprises all procedures that involve altering or injuring the female genitalia for non-medical reasons". It is mostly carried out on girls and infants below the age of 15 - often by their own mothers. It's also considered a violation of human rights. "It is a traditional practice that was taking place ages ago, that is part of initiating a girl into womanhood," explains Halima Shariff, the Director of the Advance Family Planning in Tanzania.
 
 

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Kenya's Maasai and Samburu becoming women without FGM
By Al Jazeera, 06 Feb 2017

Magadi, Kenya - Girls in colourful dresses dance and sing while holding candles that light up their smiling faces. "Extinguish the light of [FGM]. Kindle the light of education," they sing as they lift their candles. These girls of a Maasai community in Magadi, southern Kenya, are entering their adult lives through a new ceremony designed to abandon a tradition that has injured so many before. Although female genital mutilation (FGM) has been outlawed in Kenya since 2001, a majority of girls of semi-nomadic tribes like the Maasai and Samburu still undergo this painful and damaging ritual. Nine years ago, the NGO Amref Health Africa started training peer trainers among all age groups in Maasai and Samburu communities - elders, young men, mothers, and young girls - on the consequences of FGM. Together with several communities, the organisation developed the strategy called an Alternative Rite of Passage and now already more than 13,300 Maasai and Samburu girls have avoided FGM.
 

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Cutters turn counsellors to fight female genital mutilation in Benin
By Reuters, 06 Feb 2017

COTONOU, Benin, Feb 6 (Thomson Reuters Foundation) - Browsing a market in Parakou, a city in Benin, 63-year-old Yon Sokogi was troubled by the latest gossip about a teenage bride rejected by her husband after she lost control of her bladder. Recognising this as a complication of female genital mutilation (FGM), Sokogi decided to visit 19-year-old Kpaaré, a mother-of-two, in the hope of convincing her go to a hospital. But Sokogi is not a typical health worker. She is a cutter-turned-counsellor, who put down the knife five years ago - after cutting more than 1,500 girls during a 20-year period - to instead work towards stamping out FGM. "I did it with a knife, without anaesthesia, and without any medical training," Sokogi told the Thomson Reuters Foundation, explaining how her mother had trained her to help carry out FGM in their village. "The number of lives I shattered is enormous." The practice was criminalised in 2003 in the tiny West African nation of Benin, where one in 11 women and girls have been cut - a rate which has almost halved since 2000 - according to data from the U.N. children's agency (UNICEF). Facing the risk of up to 20 years in prison, dozens of women like Sokogi are being persuaded by advocacy groups to put down the knife and retrain as counsellors in what is believed to be the first initiative of its kind in West Africa.
 
 

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Female Genital Mutilation is a gruesome impediment to the empowerment of women
By Reuters, 05 Feb 2017

Approximately 200 million girls and women alive today have undergone some form of FGM, globally. One cannot but despair at the indolent pace towards elimination of one of the most brutal cultural norms, a practice that continues to hold women and a Nation’s development back. While Kenya must be applauded for having brought down the national FGM prevalence from 32 percent to 21 percent in the last 12 years, there are still some communities where about nine in ten girls are needlessly mutilated, often forced to leave school and into early marriage. An often-unnoticed reality is that the effects of FGM go far beyond the negative physical and psychosocial consequences. The social and economic damage done to entire countries has only started to be realised. In 2015, the Sustainable Development Goals (SDGs) recognized the close connection between FGM, gender inequality and development, urging global action to end FGM by 2030. While education is arguably the best solution for ensuring women and girls gain equal access to political and socio-economic power in society, FGM makes this impossible because very often for the girls, post-mutilation, is end of schooling, early marriage, and denial of sexual and reproductive health and rights.  This is a sure recipe for perpetuation of poverty, misery and inequality in society. We therefore must seek alternative rites of passage to broaden opportunities for girls while recognizing this important milestone.
 
 
 

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