Non fermate Ban FGM (la campagna contro le mutilazioni genitali). L’appello di Emma Bonino

Non fermate Ban FGM (la campagna contro le mutilazioni genitali). L’appello di Emma Bonino
di Gianna Fregonara, Corriere della Sera, 15 Jun 2017


Ci sono “buone battaglie” che vale sempre la pena di combattere. Una di queste è quella per l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili, una pratica ancora molto diffusa in molti Paesi africani e che si conta secondo i dati dell’Unicef che ogni anno tocchi a tre milioni di bambine sotto i quindici anni. A combattere questa battaglia c’è anche l’associazione Non c’è pace senza giustizia fondata nel 1993 da Emma Bonino. Sono ormai 17 anni che l’ex commissaria europea e ministra degli esteri porta avanti questa campagna.
Dal 2014 Non c’è pace senza giustizia guida un progetto in sette Paesi dell’Africa: Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Mauritania, Niger e Senegal. L’idea di questo lavoro - che si ispira alla risoluzione delle Nazioni Unite del dicembre 2012 che dichiara illegali le mutilazioni genitali femminili nel mondo è quella non di considerare queste pratiche barbare come una questione soprattutto medica ma di coinvolgere istituzioni, governi, comunità locali affinché si affrontino i pregiudizi culturali, religiosi e sessuali trovando le politiche migliori per impedire che questa forma di tortura continui ad essere impunemente praticata.
Si tratta dell’incisione o addirittura asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni. Le bambine che la subiscono – e il fenomeno di mamme che vivono in Europa e rimandano le proprie figlie a casa per farne spose bambine e mutilate è preoccupante – dovranno poi fare i conti con danni irreversibili per la loro salute fisica e anche psicologica. Si stima che ad oggi ci siano 125 milioni di donne che hanno subito questa pratica, per lo più in Africa. Pratiche illegali, dolorosissime e pericolose per la salute della bambina e poi della donna con conseguenze al momento del parto, terribilmente umilianti per chi le subisce.
Ora il progetto di Non c’è pace senza giustizia rischia di doversi fermare perché uno dei partner africani dell’operazione, di quelli che portano sul territorio il confronto, le informazioni alle donne e l’accoglienza per le vittime, non è più in grado di pagare il suo contributo che serve per finanziare conferenze, seminari e interventi locali nei sette Paesi africani.
Mancano decine di migliaia di euro che porterebbero – come scrive Emma Bonino in una lettera in cui lancia l’allarme- «a pregiudicare in modo irreparabile venticinque anni di storia: questa somma serve a completare le attività della campagna che ha ricevuto anche un finanziamento della cooperazione italiana. Non realizzarle comporta la restituzione al donatore dell’importo non speso». In pratica la fine del progetto, che vale per il 2017 445 mila euro divisi negli interventi nei sette Paesi, proprio dopo la conferenza di Roma nel gennaio scorso aveva riconosciuto i progressi fatti dall’approccio sociale e politico che mira a far crescere la consapevolezza e a sfatare le falsità legate alla tradizione e alle credenze rispetto all’approccio soltanto medico o finanziario al problema della mutilazione genitale delle ragazze.
Non è solo con un bonifico (eventualmente da intestare a Non c’è Pace Senza Giustizia, Banca di Credito Cooperativo di Roma c/c 2472, IBAN IT 24 E08327 03221 000000002472, BIC/SWIFT ROMAITRR) che si può cercare di evitare che il progetto si debba fermare. «Anche in Italia, in Europa – è l’appello di Emma Bonino - è necessario parlare e agire perché le donne immigrate non continuino questa pratica inumana contro le loro figlie».

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