Sub-Regional Conference on Female Genital Mutilation, "Towards a political and religious consensus against FGM" - Media Coverage

Vanity Fair - Djibouti, 2-3 February 2005

Vanity Fair
 
10 febbraio 2005

  • MUTILAZIONI GENITALI, LA GRANDE VITTORIA DELLE DONNE AFRICANE
    A Gibuti hanno zittito gli imam e ottenuto un risultato da cui non si torna indietro. Ma la lotta per i diritti, e contro la violenza, non si ferma qui.
    di Emma Bonino
    No a qualsiasi forma di mutilazione genitale femminile (MGF), sia essa praticata da personale ospedaliero ginecologico che da praticone operanti con strumenti rudimentali; nessuna giustificazione può essere addotta per continuare a infliggere a ragazze e bambine la violenza di un rito ancestrale, che da centinaia d'anni consente all'uomo di esercitare la propria potestà sul corpo femminile e di controllarne la sessualità. Attorno a questa posizione comune si è coalizzato il consenso dei rappresentanti governativi e di tutti coloro che dai paesi della sub-regione africana, sono arrivati a Gibuti (ex colonia francese tra l'Eritrea e la Somalia) per la Conferenza sulle MGF.
    La conferenza è stata organizzata dall'associazione radicale Non c'è Pace Senza Giustizia (nel contesto della campagna "StopFGM!") e dal governo gibutino, il cui impegno su questo fronte risale già al '93, quando il codice penale fu modificato per inasprire le pene previste per chi pratica le MGF, ed è poi proseguito negli anni successivi attraverso azioni di sensibilizzazione all'interno del paese. Nonostante il consenso che pure c'era a livello politico, non è stato un risultato facile ma il frutto di un serrato dibattito, poiché molti degli imam presenti hanno tentato di introdurre un'interpretazione permissiva del testo coranico, che avrebbe lasciato margini di legittimità ad alcune forme cosiddette "dolci" di mutilazione. Un secco no è arrivato dalle militanti antimutilazioni, che hanno costretto gli esponenti religiosi ad ammettere ciò che la massima autorità religiosa egiziana, l'imam Tantawi, aveva già chiarito durante la Conferenza tenutasi al Cairo nel 2003: le MGF non hanno alcun legame con la religione, che pertanto non può e non deve essere usata come paravento per giustificarla. La conferenza, inoltre, ha chiuso i suoi lavori con l'adozione di un documento finale, la "Dichiarazione di Gibuti", e l'annuncio da parte del Primo Ministro gibutino Dileita Mohamed Dileita, della ratifica di quella che è stata definita una vera e propria "Carta dei diritti" delle donne africane: il Protocollo di Maputo, adottato dai Capi di Stato dell'Unione Africana nel luglio 2003, che non solo condanna espressamente le MGF come una violazione dei diritti umani, ma contiene tutta una serie di disposizioni che concernono la vita civile e politica - ad oggi pressoché inesistente - delle donne africane. Con la ratifica del Gibuti, sale a nove il numero dei paesi che hanno fatto proprio questo documento fortemente riformatore (gli altri sono: Libia, Isole Comore, Ruanda, Namibia, Lesotho, Sudafrica, Senegal e Nigeria), che per entrare in vigore, necessita della ratifica di quindici paesi. Con questa conferenza siamo arrivati a un punto di non ritorno nella lotta contro le MGF. Certamente essa non può essere considerata un fine in sé e, al di là del successo che ha avuto, è necessario non dismettere il dialogo/confronto che, senza timidezza alcuna e con uno straordinario coraggio, le militanti anti-mutilazione sono ormai riuscite a innescare. E lavorare per creare nuove sinergie e occasioni di lotta comune. Da questo punto di vista, Gibuti ha rappresentato un esempio prezioso, assumendo un ruolo guida all'interno della sub-regione e del continente africano in generale. A maggior ragione, con gli amici di Non c'è Pace Senza Giustizia, stiamo lavorando fianco a fianco con le protagosìniste di questa battaglia, con le donne africane, per organizzare altri eventi. A maggio sarà la volta del Mali, affinché ci sia un'accelerazione delle ratifiche che consentiranno al Protocollo di Maputo di diventare operativo ed essere implementato il più velocemente possibile.