Convegno sul tema “Diritto internazionale umanitario e protezione dei civili nei conflitti armati. Il caso di Khojaly”

Roma, 25 Febbraio 2015


 
Si è tenuto oggi a Roma il convegno sul tema “Diritto internazionale umanitario e protezione dei civili nei conflitti armati. Il caso di Khojaly”, organizzato dal Comitato Italiano Helsinki per i Diritti Umani, in cooperazione con Non c’è Pace Senza Giustizia e con in patrocinio del Senato della Repubblica.
 
Nell’anniversario che ricorda il massacro di Khojaly, dove nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992 le truppe armene uccisero più di 600 azeri, compresi numerosi civili, donne e bambini, esperti italiani e internazionali si sono incontrati per discutere della complicata questione irrisolta tra Armenia e Azerbaigian sul Nagorno–Karabakh. Il Nagorno–Karabakh, che confina ad ovest con l’Armenia e ad est con l’Azerbaigian, è conteso tra questi due stati, ma si proclamò unilateralmente indipendente nel 1991, pur rimanendo ancora oggi per il diritto internazionale sotto il controllo del governo di Baku. Dopo un conflitto che lasciò sul campo migliaia di morti, oltre a centinaia di migliaia di profughi da entrambe le parti, nel maggio del 1994 l’Armenia, l’Azerbaigian e il Nagorno Kabarakh sospesero le ostilità, firmando l’accordo di Bishkek.
 
Tra i relatori, Greta Barbone, Senior Associate di NPSG, è intervenuta per sottolineare come uno degli insegnamenti fondamentali che si può trarre da questa triste vicenda sia che l’impunità ricompensata dal potere genera solo ulteriore violenza. L’avv. Barbone ha anche sottolineato come l’unico modo per rompere questo ciclo di impunità e violenza sia quello di intraprendere un processo di giustizia di transizione che identifichi coloro i quali hanno le maggiori responsabilità per i crimini commessi tramite meccanismi nazionali e internazionali, come ad esempio la Corte Penale Internazionale. L’Avv. Barbone si è poi soffermata sugli obiettivi e i meccanismi principali della giustizia transizionale e sulla necessità che la popolazione, e in particolare le vittime, siano consultate durante la creazione e partecipino all’implementazione della giustizia transizionale.
 

 
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