Crimini di guerra in Bangladesh: l’UE deve agire con decisione nell’impedire il fallimento della giustizia

Bruxelles – Roma, 12 Novembre 2015

 
Due leader dei partiti dell’opposizione in Bangladesh, Mr. Ali Ahsan Mohammad Mojaheed (del partito Jamaat-e-Islami) e Mr Salauddin Quader Chowdhury (del partito Nazionalista del Bangladesh), stanno per essere sottoposti ad un’imminente esecuzione per accuse di crimini di guerra e genocidio commessi durante la Guerra d’Indipendenza del 1971. Entrambi sono stati condannati a morte nel 2013 dal Tribunale per i Crimini Internazionali (ICT) del Paese e per entrambi gli appelli sono stati rigettati dalla Corte Suprema, ripettivamente a giugno e luglio di quest’anno. Come le precedenti sentenze controverse emesse dall’ICT, il processo di Mr. Mojaheed e Mr. Chowdhury ed i sucessivi processi in appello, sono stati caratterizzati da gravi difetti in esplicita violazione dei diritti a un equo processo. Queste includono il fallimento dei giudici dell’ICT nell’applicare i principi legali, la restrizione arbitraria da parte dei giudici del numero di testimoni per la difesa ed i pregiudizi di parte dell’ICT contro la difesa. Quasi tutti i verdetti del Tribunale sono stati comminati contro i membri dei partiti d’opposizione, principalmente leaders chiave del partito Jamaat-e-Islami, a partire dalla sua fondazione nel 2009.
 
 
Dichiarazione di Alison Smith, conisgliere legale di Non C’è Pace Senza Giustizia:
 
“Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) ed il Partito Radicale Transnazionale Transpartito Nonviolento (PRNTT) reiterano le loro forti preoccupazioni per le ripetute e continue violazioni da parte delle autorità giudiziarie del Bangladesh del diritto a un equo processo nell’adempimento di crimini internazionali.
 
“Attraverso la persistente esclusione delle garanzie processuali dovute e l’applicazione della pena di morte, il Tribunale per i Crimini Internazionali (ICT) non otterrà l’obiettivo prefissato di portare giustizia alle vittime e di affrontare le atrocità di massa commesse durante il conflitto di nove mesi nel 1971 - dal quale il Bangladesh è traumaticamente emerso come Stato indipendente - e che perseguitano il Paese ancora oggi.
 
“Le ultime sentenze controverse comminate contro Mr Mojaheed e Mr Chowdhury rinforzano ulteriormente la percezione che gli atti dell’ICT siano un’arma di vendetta influenzata politicamente, il cui obiettivo reale è creare ulteriore violenza e divisione, e non la riconciliazione che il popolo del Bangladesh merita. Il Bangladesh non può continuare a ignorare le vere legittime preoccupazioni e le richieste persistenti per le riforme, sia interne che internazionali, incluse quelle delle sentenze ufficiali delle Nazioni Unite.
 
“Questo significa in primo luogo e soprattutto l’immediata e categorica esclusione della pena di morte per gli individui accusati dall’ICT e la piena applicazione di tutte le garanzie  processuali dovute, incluse la protezione dei testimoni, dei potenziali testimoni e dei legali della difesa da molestie ed intimidazioni; la piena applicazione della presunzione di innocenza; e di tutti i diritti processuali garantiti secondo i più alti standard internazionali.
 
“Chiediamo alla comunità internazionale di insistere perchè il Bangladesh sia all’altezza di questi standard. In particolare, chiediamo all’Unione Europea, attraverso la sua delegazione attualmente presente nel Paese, di compiere i passi necessari per assicurarsi che il Bangladesh si conformi agli obblighi internazionali sui diritti umani ed altri trattati. Il più importante tra questi è di annullare la sentenza di pena di morte di Mr Mojaheed e Mr Chowdhury, che potrebbe essere prevenuta se ci fosse sufficiente pressione. L’Unione Europea deve riprendere la propria leadership sui diritti umani, compiendo ogni azione che possa evitare un errore giudiziario che queste esecuzioni rappresenterebbero.” 
 

Per ulteriori informazioni, contattare Alison Smith su asmith@npwj.org o al +32-2-548 39 12, oppure Nicola Giovannini su ngiovannini@npwj.org o al +32-2-548-3915.