Darfur/CPI: non puo’ esserci pace duratura senza giustizia in Sudan

Roma, 4 marzo 2009

Con una mossa storica, la Camera delle indagini preliminari della Corte penale internazionale (CPI) ha annunciato oggi la sua decisione di emettere un mandato di arresto nei confronti del Presidente sudanese Omar al-Bashir con l'accusa di crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi in Darfur, nel corso degli ultimi cinque anni. I giudici del TPI hanno quindi stabilito che vi sono motivi ragionevoli per ritenere che il presidente Al-Bashir abbia commesso i presunti crimini menzionati nella richiesta di spiccare un mandato d'arresto presentata dal procuratore della Corte penale internazionale Luis Moreno-Ocampo, il 24 luglio 2008. Si tratta della prima richiesta di incriminazione nei confronti di un Capo di Stato in carica da parte della CPI.
 
Dichiarazione di Sergio Stanzani, Presidente dell’associazione radicale Non c’è Pace Senza Giustizia :
 
L’associazione radicale Non c'è Pace Senza Giustizia accoglie con grande soddisfazione la decisione della Camera delle indagini preliminari della CPI di spiccare un mandato di cattura contro il Presidente sudanese Omar al-Bashir, come una risposta importante alla richiesta di giustizia che viene dalla popolazione del Darfur, attraverso l'ampia gamma di crimini riferitivi che includono l’omicidio, il trasferimento forzato di popolazione civile, la persecuzione e lo stupro.
 
Con questa incriminazione, il Presidente Al Bashir si unisce a Slobodan Milosevic e Charles Taylor, che sono stati chiamati a rispondere delle loro azioni a L'Aia, davanti al TPI e la Corte Speciale per la Sierra Leone. La loro incriminazione e il loro arresto hanno spianato la strada per una pace duratura nella ex Jugoslavia e in Sierra Leone e Liberia: analogamente l'incriminazione, l'arresto e il processo del Presidente Al Bashir si rivelerà una componente importante per raggiungere una pace duratura in Sudan.
 
La storia del Sudan dimostra quanto fragili possano essere gli accordi di pace quando i responsabili di atrocità sistematiche perpetrate contro la popolazione civile restano in posizioni di potere. I crimini contro l’umanità in Sudan sono un prodotto della decisione di premiare la violenza, nel non includere la giustizia come una componente dell’Accordo di Pace firmato nel 2005 che avrebbe dovuto portare la pace in Sudan. Oggi non vi è alcun ritorno indietro: vi sarà giustizia in Sudan per coloro che portano le maggiori responsabilità per le violazioni commesse nei confronti della popolazione civile, e con la giustizia, ci sarà la speranza di una pace duratura.
 
Con questa decisione, e con il suo lavoro in corso, la CPI sta velocemente cementando il suo posto nella storia come una componente integrale della lotta contro l'impunità compiuta dalla comunità internazionale. L’operato della CPI è anche segno della determinazione di rendere giustizia alle vittime, che è condivisa da e con gli Stati africani, come Desmond Tutu lo ha così eloquentemente affermato in un recente articolo pubblicato nel New York Times, in cui si incoraggiano i leader africani a dimostrare il loro impegno di essere a fianco delle vittime e sostenere il corso della giustizia.

Prima dell’incriminazione del Presidente Omar al-Bashir annunciata oggi, la Corte penale internazionale aveva già incriminato Ahmed Haroun, successivamente promosso dal presidente Al-Bashir a ministro di Stato per gli affari umanitari come un insulto alla comunità internazionale, e il comandante Janjaweed Mohamed Ali Abdel-Rahman, per crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi nel Darfur. Il Procuratore della CPI sta anche raccogliendo prove d’accusa nei confronti di tre comandanti ribelli per crimini di guerra contro le forze di pace dell'Unione africana.
 
Non c’è Pace Senza Giustizia esorta la comunità internazionale, e in particolare l'Unione europea e tutti gli Stati parti della Corte penale internazionale (108 ad oggi), ad essere altrettanto fermi nel loro sostegno alla CPI e nel loro impegno a porre fine all'impunità, e a cooperare pienamente con la CPI, al fine di garantire che coloro accusati di avere le maggiori responsabilità per l'istigazione e la pianificazione delle politiche e delle campagne che hanno portato a violazioni massiccie del diritto penale internazionale in Darfur, rendano conto delle loro azioni e che alla richiesta di giustizia che giunge dalla popolazione del Darfur venga data risposta. Ci rallegriamo delle ferme indicazioni da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che non vi sarà alcuna richiesta di proroga per tali provvedimenti, il che dimostra l'impegno della comunità internazionale per assicurare che la giustizia faccia il suo corso per assicurare una pace duratura nel Darfur.
 
La popolazione del Darfur e Sudan meritano una pace duratura, che a sua volta richiede una giustizia imparziale ed effettiva: la decisione di oggi dimostra che la Corte penale internazionale è in grado di rispondere alla difficile situazione delle vittime, anche contro i più potenti. La comunità internazionale deve sostenere la Corte penale internazionale e garantire che i responsabili delle loro sofferenze rendano conto delle loro azioni.
 
Per ulteriori informazioni, vi preghiamo di contattare Carla Caraccio ccaraccio@npwj.org /tel: +39-06-689 79 262 oppure Nicola Giovannini: ngiovannini@npwj.org / tel: +32-2-548-3913.