L’opportunità mancata della Libia: pene viziate seguono processi viziati

Bruxelles – Roma, 28 Luglio 2015


 
Oggi la Corte d’Assise di Tripoli ha condannato a morte Saif-al-Islam Gheddafi, Abdullah Senussi e altri sette uomini per crimini di guerra e attacchi contro proteste pacifiche commessi durante la rivoluzione libica che nel 2011 ha portato alla caduta del regime di Gheddafi. Ad altri ventitre ex ufficiali è stata impartita la reclusione, mentre quattro sono stati rilasciati ed uno è stato indirizzato verso un istituto medico. Gheddafi non era presente nel corso del processo e della lettura del dispositivo, poiché al momento è trattenuto a Zintan dalle milizie locali, che rifiutano di riconoscere l’autorità di perseguirlo del governo centrale. Sia Saif-al-Islam Gheddafi sia Abdullah Senussi sono soggetti ad un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale; nel 2014, la CPI ha dichiarato inammissibile il caso di Senussi, dal momento che lo stesso era sottoposto a giudizio in Libia, mentre ha ordinato alle autorità libiche di rendere Gheddafi per un processo davanti la corte stessa all’Aja.
 
Dichiarazione di Alison Smith, Consulente Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:
 

“Dall’inizio della rivoluzione circa quattro anni fa, Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, hanno sempre promosso l’accountability in Libia come mezzo per superare l’eredità di impunità ed abusi che caratterizzava il regime di Muammar Gheddafi. Noi abbiamo sempre chiesto alle autorità libiche di adottare un nuovo approccio basato sul rispetto dei diritti umani, anche quale segnale concreto di rottura rispetto al passato, e alla comunità internazionale di supportare la Libia in questo percorso verso la realizzazione della giustizia e di una riparazione per le vittime e le loro famiglie.
 
“Sfortunatamente, il verdetto di oggi e il processo viziato che lo ha preceduto mostrano che la promessa di rivoluzione, colma di speranza per un nuovo futuro dove i diritti umani siano rispettati in Libia, deve ancora essere mantenuta. I processi erano viziati da una serie di violazioni del giusto processo, in particolare dal fatto che a molti imputati era stato negato il diritto a un avvocato, sia nella fase istruttoria che in quella dibattimentale, senza contare le varie accuse di maltrattamenti durante la detenzione. Possiamo solo sperare che queste violazioni gettino un’ombra sui verdetti e le sentenze emessi oggi.
 
“Noi abbiamo sempre sostenuto con coerenza che è compito delle autorità libiche garantire giustizia, ed è compito della comunità internazionale fornire il supporto necessario ad assicurare che ogni singola parte del processo di giustizia di transizione della Libia sia condotta in modo appropriato e conformemente ai più alti standard internazionali. Questo non è stato fatto e, ancora una volta, le vittime del processo restano le stesse – non soltanto le persone i cui diritti sono stati violati durante i processi, ma le migliaia di libici che hanno sofferto per mano del vecchio regime e che ancora devono ricevere qualsiasi tipo di giustizia reale o riparazione.
 
“Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito hanno sperato che questo processo potesse dare il via ad un processo politico che assicurasse una riforma del sistema giudiziario in grado di incidere sul destino di migliaia di detenuti tuttora trattenuti in prigione senza essere stati sottoposti ad alcun processo e addirittura senza essere stati informati delle accuse contro di loro; che rendesse partecipi ai procedimenti le vittime; che rilanciasse un processo di giustizia di transizione onnicomprensivo. Sfortunatamente, non è stato questo il caso. Sollecitiamo le autorità della Libia a considerare attentamente se questo processo sia stato all’altezza degli ideali della rivoluzione, combattuta per un futuro migliore in cui tutti possano godere dei diritti umani. Inoltre, incoraggiamo la comunità internazionale a far mantenere tali standard alla Libia, le cui autorità hanno proclamato essere il loro parametro base. C’è urgente bisogno di riformare il sistema e il modo in cui quel sistema è supportato, se si vuole avere qualche speranza di stabilità e pace duratura in Libia.”
 
 

Il progetto di NPSG in Libia
NPSG ha lavorato sulla transizione libica dall'inizio del 2011, nel contesto del proprio progetto di supporto alla transizione democratica della Libia attraverso la giustizia e l'accountability. Le autorità libiche possono operare una rottura con il lascito di impunità ed abusi che ha caratterizzato il regime di Gheddafi, con un nuovo rispetto per lo stato di diritto e l'impegno a riportare giustizia e dignità alle vittime. Fare tutto ciò richiede non solo un'attività di investicazione e persecuzione dei crimini e delle violenze tuttora perpetrati, ma anche uno sforzo volto ad affrontare una storia di oppressione ed abusi dei diritti umani che è lunga decadi ed è continuata durante tutto il precedente regime. 
 
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