No alle mutilazioni genitali (grazie anche all’Italia)

No alle mutilazioni genitali (grazie anche all’Italia)
Onultalia, 25 Nov 2014


NEW YORK- Nuovo successo dell’Italia all’Onu a tutela delle donne e delle bambine. A pochi giorni dalla prima Risoluzione contro i matrimoni forzati e precoci, le Terza commissione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, competente in materia di diritti umani, ha adottato martedì 25 novembre una Risoluzione sul contrasto alla pratica delle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF).  Il testo, approvato per consenso proprio nella giornata di mobilitazione internazionale contro la violenza alle donne, ha avuto 125 co-sponsorizzazioni, 21 in più del precedente testo del 2012. Il documento verrà adottato definitivamente in Assemblea Generale a dicembre.
L’Italia è tradizionalmente tra i promotori della Risoluzione sulle mutilazioni genitali. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 130 milioni di donne nel mondo sono state sottoposte a queste pratiche, soprattutto in 28 paesi dell’Africa sub-sahariana. E si calcola che ogni anno 3 milioni di bambine sono vittime dell’infibulazione, con danni irreparabili alla loro salute psichica e fisica.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si era schierata per la prima volta contro questa pratica tradizionale il 20 dicembre del 2012. Il nuovo voto in Terza Commissione e’ stato salutato con favore da Non c’e’ Pace senza Giustizia e dal Partito radicale che due anni fa erano stati tra i promotori dell’iniziativa.
 Il dato incoraggiante adesso è l’ampliamento del fronte dei paesi che hanno promosso la Risoluzione: 21 in più rispetto al 2012.
“Non si tratta solo di un riconoscimento del lavoro delle attiviste sul campo, ma di una crescita di consenso che segna un chiaro impegno politico degli Stati nell’agire a tutti i livelli perché il dispositivo della Risoluzione, che riguarda la messa al bando della pratica in quanto violazione dei diritti umani di donne e bambine, venga applicato su scala mondiale”, osserva la Ong italiana in un comunicato.

Il dato incoraggiante è l’ampliamento del fronte dei paesi che hanno promosso la Risoluzione: 21 in più rispetto al 2012. Desta invece preoccupazione il fatto che in Stati che si sono già’ dotati di misure ad hoc la pratica sussista ancora: tra questi,  proprio per il ruolo avuto nella campagna contro le MGF e per aver approvato nel 2008 una legge tra le più avanzate, è l’Egitto.
Il caso di Suhair al-Bataa, la bambina di 13 anni morta nel giugno del 2013 a causa di un intervento di mutilazione genitale, è sconcertante. Si è trattato del primo processo mai tenuto in Egitto per questo tipo di reato. La decisione della Corte di prosciogliere dalle accuse il medico che ha eseguito l’intervento e il padre della bambina che aveva deciso per l’operazione, al di là dell’aspetto sanzionatorio, rischia di vanificare irrimediabilmente la funzione deterrente della legge, che è il fondamento di un’autentica politica volta al rispetto della persona.

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