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febbraio 2015
Direttore resp.: Nicola Giovannini
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 Notizie

IILHR, NPSG, MRG e UNPO pubblicano rapporto sulle minoranze irachene dopo la caduta di Mosul
 

In Iraq le minoranze sono state prese di mira dallo Stato Islamico dell’ Iraq e al- Sham (ISIS), che con strategie sistematiche le caccia definitivamente da larghe aree dell’Iraq, come affermato da un gruppo di organizzazioni per i diritti umani in un report lanciato oggi a Bruxelles presso il Centro della Stampa Internazionale. Le conclusioni del rapporto sono anche state presentate alla Sottocommissione per i Diritti Umani del Parlamento Europeo durante la sua sessione del 26 Febbraio 2015.

"Tra le macerie: le minoranze irachene dopo la caduta di Mosul" è un rapporto congiunto dell'Institute of International Law and Human Rights (IILHR), Minority Rights Group International (MRG), Non C’è Pace Senza Giustizia  (NPSG) e l'Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli Non Rappresentati (UNPO)  riguardante principalmente le minoranze di Cristiani, Kaka’i, Shebak, Turkmeni e Yezidi, le più colpite dal conflitto. 

Il documento contiene raccomandazioni pratiche per attenuare l’incombente crisi umanitaria e condurre verso un’esauriente riforma sociale e legale che metta fine alla già longeva marginalizzazione  delle minoranze.
 
Come affermato da Alison Smithconsulente legale di NPSG, "la ricerca fatta per questo rapporto mostra molto chiaramente come l’ISIS abbia commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità e forse anche genocidio contro le minoranze etniche e religiose dell’Iraq settentrionale. Tali atrocità non possono passare inosservato e non essere prese in considerazione; il governo iracheno e la comunità internazionale devono ottenere giustizia e risarcimenti per le vittime".
 
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Siria: liberare i difensori dei diritti umani detenuti da 3 anni
 

Oggi 71 organizzazioni per i diritti umani (tra cui Non c'è Pace Senza Giustizia), hanno dichiarato che Il governo siriano dovrebbe rilasciare immediatamente Mazen Darwish, Hani Al-Zitani e Hussein Gharir, illustri difensori dei diritti umani detenuti da tre anni. I tre uomini sono stati arrestati dalle forze aeree siriane  il 16 febbraio 2012, nel corso di un raid negli uffici del Centro siriano per i media e la libertà di espressione (SCM) a Damasco. Nel febbraio 2013, erano stati condotti al cospetto del tribunale anti-terrorismo, con le accuse di aver pubblicizzato atti terroristici, sotto l’articolo 8 della legge anti terrorismo del 2012. Da allora, il tribunale ha ripetutamente rinviato il processo, l’ultima volta nel gennaio 2015. Non è ancora stata fissata alcuna data per un prossimo processo.
 
Il SCM è un’importante organizzazione non governativa che lavora per diffondere informazioni sulla situazione dei diritti umani in Siria, e sui media e la libertà di espressione. Le organizzazioni firmatarie ritengono che Darwish, Al-Zitani e Gharir siano stati accusati come conseguenza della loro legittima attività in favore dei diritti umani e della libertà di espressione, in risposta alla crisi continua in Siria.
 
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione 67/262 del 15 maggio 2013, aveva domandato il rilascio dei tre uomini. A gennaio 2014, il Working Group dell’ONU sulla detenzione arbitraria (WGAD) aveva dimostrato che i tre uomini erano stati arbitrariamente privati della loro libertà a causa del loro impegno per i diritti umani, chiedendone il rilascio immediato. Anche nella Risoluzione 2139, adottata il 22 febbraio 2014 dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, si chiedeva l’immediato rilascio di tutte le persone arbitrariamente detenute in Siria. Il Governo della Siria dovrebbe ascoltare la voce delle Nazioni Unite e rilasciare immediatamente questi tre difensori, come tutti gli altri attivisti pacifici che sono arbitrariamente detenuti.
 
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“Giornata internazionale della tolleranza zero verso le mutilazioni genitali femminili”: NPSG chiede la piena e completa attuazione della Risoluzione delle Nazioni Unite per il divieto globale delle MGF
 

In questa giornata internazionale della tolleranza zero verso le MGF, Non C’è Pace Senza Giustizia (NPSG) e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT), colgono l’occasione per congratularsi con tutte le eccezionali persone e organizzazioni, che combattono ogni giorno questa violazione dei diritti umani, per i notevoli passi in avanti fatti in questi anni.
 
Le MGF costituiscono una violazione dei diritti umani e una forma estrema di discriminazione e violenza contro donne e bambine, a cui ogni anno nel mondo rischiano di essere sottoposte tre milioni di ragazze. In dicembre 2014, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione 69/150 che condanna tale violazione dei diritti umani e rinnova l’impegno preso con la prima storica Risoluzione 67/146 del 2012, con un crescente numero di paesi sostenitori e un linguaggio rafforzato.”
 
Quest’anno si è anche assistito a una tappa fondamentale riguardante l’applicazione della legge. Il primo processo su un caso di MGF in Egitto ha portato alla condanna del dottore che ha commesso la violazione, così come del padre che ha portato la figlia a essere sottoposta alla pratica. Tale esito manda il forte messaggio all’Egitto e al mondo intero che la medicalizzazione delle MGF non può fornire alibi per gli esecutori. Essendo la medicalizzazione di tale pratica una delle più grandi – e crescenti – minacce alla sua eliminazione, dando un’aura di legittimità a questa violazione dei diritti umani, il processo in Egitto è un importante passo in avanti nella lotta contro le MGF.
 
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Alvilda Jablonko è Coordinatrice del Programma Genere e Diritti Umani di NPSG

 Eventi

NPSG organizza il seminario "Sfide e priorità connesse all'attuazione delle politiche di giustizia di transizione in Libia e Tunisia"
 

Il 18 febbraio 2015, Non C’è Pace Senza Giustizia (NPSG) ha organizzato a Tunisi il seminario "Sfide e priorità connesse all'attuazione delle politiche di giustizia di transizione in Libia e Tunisia”. Tra i partecipanti c’erano rappresentanti della società civile sia libica che tunisina.

L’intento dell’evento è stato quello di fornire una prospettiva comparativa sulle sfide chiave legate all’attuazione delle politiche della giustizia di transizione in Libia e Tunisia, così come quello di mettere in luce le imminenti priorità che i paesi affronteranno nel dibattito sulla giustizia e la responsabilità dal punto di vista della società civile. Le discussioni si sono focalizzate in particolare sul coinvolgimento della società civile e il suo contributo alla giustizia di transizione in Tunisia, sull’evoluzione della giustizia di transizione in Libia e su come l’esperienza tunisina possa supportare e rafforzare il lavoro dei colleghi libici.
 
Circa 4 anni fa, sia Tunisia che Libia videro cadere i loro regimi repressivi, dopo decenni di restrizioni. Ma, mentre la Tunisia ha recentemente celebrato con successo la conclusione dei suoi lunghi processi di transizione con le elezioni presidenziali e parlamentari, la Libya sta vivendo uno dei periodi più violenti e turbolenti della sua più recente storia. Le sfide affrontate dalla Tunisia in tale processo, così come i successi e i tentativi falliti nelle post-rivoluzioni degli altri paesi arabi, possono essere d’esempio per quei paesi, come la Libia, che ancora oggi stanno lottando per trovare il modo di stabilire meccanismi di giustizia di transizione che possano supportare la costruzione di istituzioni politiche aperte e democratiche.
 
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Workshop nazionale in Mauritania per promuovere l’attuazione della risoluzione ONU di messa al bando delle mutilazioni genitali femminili
 

Il 10 e 11 febbraio 2015, Non c'è Pace Senza Giustizia, in collaborazione con l’Association pour la promotion de l'égalité de genre et des droits humains (APEDH) e l’Inter-African Committee for Traditional Practices Affecting the Health of Women and Children  (IAC), organizza un workshop nazionale a Nouakchott, in Mauritania, al fine di promuovere l’attuazione della risoluzione adottata il 20 dicembre 2012 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA)che afferma il divieto globale delle mutilazioni genitali femminili (A/RES/67/146). Il meeting è organizzato con il supporto del Ministro Italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
 
Tra i partecipanti saranno presenti esponenti governativi di alto livello, parlamentari e attivisti della società civile della Mauritania, nonchè rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali. Il workshop fornirà l’opportunità di consolidare il pieno coinvolgimento e impegno delle autorità politiche della Mauritania a favore dell’attuazione della risoluzione adottata dall’UNGA, che vieta esplicitamente le MGF come violazione dei diritti umani di donne e ragazze. Tra i suoi obbiettivi specifici, il workshop prevede anche la discussione e l’analisi dei meccanismi locali volti a proteggere donne e ragazze dalle MGF, così come l’identificazione delle sfide e prospettive par l'adozione e l'applicazione di una legge specifica vietando questa violazione dei diritti umani.
 
Nonostante anni di campagne di sensibilizzazione e di diversi piani d’azione promossi a livello nazionale dal governo e atti a promuovere l’eliminazione delle MGF, la pratica è ancora molto diffusa in Mauritania, dove il 72% delle donne e delle ragazze, secondo le stime, è stato sottoposto alla pratica. La lotta contro questa violazione dei diritti umani richiede maggiore cooperazione e sinergia tra tutte le istituzioni e le organizzazioni della società civile per essa impegnate, ma anche un lavoro di prevenzione e condanna dell’aumento della medicalizzazione della pratica, così come l’adozione e un efficace applicazione della legge che vieta le MGF, per proteggere le sue vittime e far sì che i colpevoli ne rispondano.
 
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