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gennaio 2012
Direttore resp.: Nicola Giovannini
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 Notizie

“Giornata Internazionale Tolleranza Zero alle MGF”: per la messa al bando universale di questa violazione di diritti umani nel 2012
 

In occasione della Giornata Internazionale di “Tolleranza Zero” alle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) ed il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT), assieme agli altri partner della Coalizione Ban FGM, hanno rinnovato l’appello a tutti gli Stati e tutte le organizzazioni regionali ed internazionali a dimostrare il loro impegno nella protezione dei diritti umani, ed in particolare dei diritti delle donne, prendendo una posizione inequivocabile e condivisa in favore dell’adozione quest’anno di una Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la messa al bando universale delle MGF.

Sulla base del tema “Da Malabo a New York: un sostegno alla Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la messa al bando universale delle Mutilazioni Genitali Femminili”, diverse iniziative ed eventi sono stati organizzati in cooperazione con i membri della Coalizione “BanFGM” in Stati particolarmente afflitti da questa pratica, in particolare in Costa d’Avorio, Etiopia, Ghana, Gibuti, Mali, Mauritania, Niger, Togo, Sierra Leone, Uganda and Gambia. Lo scopo di queste iniziative è stato richiamare l’impegno preso dall’Unione Africana e dai suoi Stati membri a promuovere l’adozione di una Risoluzione per la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili in occasione della sessantaseiesima Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
 
Il Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon pubblicato lo scorso mese, dal titolo “Porre fine alle Mutilazioni Genitali Femminili”, ricorda come il raggiungimento di una strategia comune e condivisa nei confronti delle mutilazioni genitali femminili, considerate come una violazione di diritti umani, avrebbe importanti conseguenze a livello mondiale. Tale posizione favorirebbe infatti la capacità di armonizzazione degli strumenti legali e dei meccanismi necessari per combattere le mutilazioni non solo in Africa, ma anche in tutti i paesi interessati, oltre a garantire un sostegno chiaro e forte a tutti gli attivisti attualmente impegnati a porre fine a questa pratica.

 

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Siria: il regime deve rispondere dei propri crimini
 

La comunità internazionale ha un ruolo determinante nell’esito della crisi siriana a causa delle profonde divisioni che intercorrono tra gli attori internazionali, come dimostrato dal doppio veto posto da Russia e Cina alle risoluzioni votate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, proposte nell'ottobre 2011 e sabato 5 febbraio 2012 in supporto all’iniziativa promossa dalla Lega Araba. Le risoluzioni chiedevano – tra i vari punti - un passo indietro del Presidente siriano, considerato come l’unica via per dare inizio ad un processo di transizione verso la democrazia.

Opponendosi ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – volta a condannare fermamente ed inequivocabilmente la violenta repressione governativa e le violazioni dei diritti umani in Siria – Russia e Cina si assumono la responsabilità morale e politica per lo spargimento di sangue ancora in corso. Anziché ascoltare gli appelli del popolo siriano che da tempo richiede il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e l’avvio di un processo politico che renda possibile – per la prima volta nella storia – la concreta realizzazione di valori democratici, di istituzioni liberali e di un governo libero, Russia e Cina danno la loro approvazione alla licenza di uccidere impunemente del regime di Bashar al-Assad.

La Siria rappresenta per la comunità internazionale una prova cruciale per sostenere e dare nuovo vigore alla Primavera Araba. Se le violenze non cesseranno, se la dittatura non cadrà, e se gli uomini e le donne che stanno lottando e affrontando il volto brutale di un regime già minaccioso saranno dimenticati, allora la comunità internazionale avrà stabilito un tragico precedente. Si rischia infatti di mettere in pericolo non soltanto i recenti traguardi della democrazia in Tunisia ed Egitto – dove decenni di dittatura e terrore sono stati spazzati via dalle massicce manifestazioni popolari – ma anche la capacità di dare vita, proteggere ed espandere quei principi democratici che sono custoditi nei Trattati e nelle Convenzioni internazionali.
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Bahrain: riforme, repressione o entrambe?
 

 

 

Il 23 Novembre 2011, la Commissione d'Inchiesta Indipendente del Bahrein (BICI) ha pubblicato il suo rapporto di 500 pagine sulle presunte violazioni dei diritti umani che avrebbero avuto luogo nel Paese, durante le proteste di massa verificatesi nei mesi di febbraio e marzo dello scorso anno. Secondo il Rapporto, le Forze di sicurezza bahreinite hanno commesso “massicce e sistematiche violazioni e torture diffuse”. Benché non sia privo di difetti, il Rapporto può essere catalizzatore di un cambiamento positivo - se il governo bahreinita accetta la sua responsabilità nell’assicurare alla giustizia i perpetratori dei crimini, nella non ripetizione delle violazioni di diritti umani e nel garantire una risposta alle richieste della popolazione bahreinita riguardo ai suoi diritti politici.
 
Tuttavia, nonostante gli impegni presi dal Re del Bahrein di mettere in atto tutte le raccomandazioni suggerite dal Rapporto, le riforme finora realizzate hanno fallito nell’affrontare le mancanze strutturali del governo bahreinita e delle forze di sicurezza, primi responsabili del perpetrarsi di tali abusi. Il fattore più allarmante di tutti è il persistente registrarsi di atti di violenza contro i manifestanti bahreiniti.
 
Il futuro del paese resta incerto, sospeso tra la possibilità di riforme, ribellioni, o - come allo stato attuale - un'incongrua combinazione di entrambe.Finora, i cittadini bahreiniti hanno da soli perseverato nella ricerca di un Bahrein libero e democratico, ma il loro successo avrà bisogno del supporto di attori nazionali ed internazionali. Riforme significative ed a lungo termine tuttavia, possono essere implementate solo dall'interno e spetta quindi al Governo bahreinita prendere decisioni in questo senso. Si deve dare atto al Governo di aver commissionato un’inchiesta, accettato le proprie responsabilità e promesso un cambiamento. Ora è arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti.

 

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 Eventi

NPSG e il PRNTT ospitano la Premio Nobel per la Pace Yemenita Tawakkol Karman in occasione della sua prima visita in Italia
 

Il 6 febbraio 2012 Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) ed il Partito Radical Nonviolento Transnazionale e Transpartito (PRNTT) hanno ospitato Tawakool Karman, Premio Nobel per la Pace 2011, in occasione della sua prima visita in Italia. La signora Karman, uno degli attori chiave della Primavera Araba in Yemen, è leader del movimento non violento per l’affermazione dei diritti delle donne all’interno del Paese, ragioni per le quali le è stato asseganto il Premio Nobel.
 
Durante la sua visita di due giorni, Tawakkol Karman ha intrattenuto una serie di riunioni ad alto livello con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Presidente del Consiglio Mario Monti ed il Ministro per gli Affari Esteri Giulio Terzi, ed ha tenuto udienze pubbliche presso la Commissione Affari Esteri di Camera e Senato, oltre ad aver partecipato alla conferenza stampa con NPSG ed il PRNTT, che ha costituito il primo impegno della sua visita a Roma.
 
Dando voce ai giovani che hanno preso parte alla rivoluzione yemenita, Tawakkol Karman ha colto l’opportunità per sottolineare che “non può esserci pace senza giustizia in Yemen”, chiedendo al Governo italiano di fare tutto il possibile per congelare i beni all’estero del presidente yemenita Ali Abdullah Saleh ed assicurare che egli sia tradotto davanti alla Corte Penale Internazionale per i crimini contro l’umanità che ha commesso. La signora Karman ha anche sottolineato che tali misure costituiscono i punti chiave per consentire una transizione pacifica che abbia successo in Yemen, dopo le elezioni presidenziali che si terranno verosimilmente a breve.
 
Riguardo la situazione in Siria, la signora Karman ha condannato la Cina e la Russia per il veto che hanno posto alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - finalizzata a porre fine alle violenze all’interno del Paese-, aggiungendo che esse portano la responsabilità umana e morale per la crescente repressione messa in atto dal governo presidente Bashar al-Assad. Infine, essa ha sottolineato la necessità urgente che la comunità internazionale prenda le misure necessarie a proteggere la popolazione siriana e condannare il regime del Paese, incluse l’espulsione degli ambasciatori siriani ed il rimpatrio dei propri diplomatici di stanza a Damasco.
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Il primo corso dell'Accademia di Giustizia Transitoria sviluppa la capacità tunisina per futuri training
 

Sin dall’inizio della rivoluzione che spodestò l'ex Presidente Zine El Abidine Ben Ali e le successive elezioni per l'Assemblea Costituente tenutesi nel mese di Ottobre 2011, i Tunisini hanno iniziato a pretendere a gran voce giustizia e riparazione per le passate violazioni dei diritti umani. Al fine di rafforzare la capacità degli attori chiave della società civile nel rendere le loro lotte più efficaci a livello politico e per permettere loro di svolgere un ruolo dinamico nel sostegno ai processi di giustizia transitoria in Tunisia, KADEM e Arab Democracy Foundation (ADF), in partenariato con Non c’è Pace Senza Giustizia e Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ), hanno creato, nel dicembre dello scorso anno, l'Accademia di Giustizia Transitoria.

Dal 31 gennaio al 4 febbraio 2012, l’Accademia ha organizzato la sua prima “formazione di formatori” a Tunisi (Tunisia), che ha visto la partecipazione di giudici e membri delle Commissioni Nazionali d'Inchiesta su Abusi, Appropriazione Indebita e Corruzione, membri del Ministero dei Diritti Umani e Giustizia Transitoria, professionisti legali, accademici e rappresentanti dei media e della società civile.
 
Attraverso questa iniziativa congiunta, i partner del progetto mirano a promuovere un maggiore coinvolgimento degli attori, destinati a prendere ed attuare decisioni politiche e a contribuire a creare un terreno fertile per l’istituzione di una Commissione Nazionale sulla giustizia transitioria, che ponga rimedio alle violazioni verificatesi durante il precedente regime autoritario.

 

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