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luglio 2012
Direttore resp.: Nicola Giovannini
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 Notizie

Dopo le elezioni, quale futuro per la giustizia di transizione in Libia?
 

Il 7 luglio 2012, la folla festante nelle strade di Tripoli ha segnato lo svolgimento in Libia delle prime elezioni parlamentari dopo più di quarant'anni. Circa 3.700 candidati erano in competizione elettorale per i 200 seggi del Congresso Generale Nazionale. Mentre i risultati finali non sono ancora noti e le proiezioni sono state interrotte dalla violenza in diverse aree, gli osservatori hanno largamente salutato le elezioni – tenutesi a meno di un anno di distanza dopo la rivoluzione che ha portato alla fine della ultra decennale dittatura di Muammar Gheddafi – come un risultato notevole.
 
Le elezioni sono senza dubbio un passo importante per la transizione della Libia verso la democrazia. Inoltre, hanno sollevato anche le speranze di migliorare la situazione della sicurezza del Paese. Tensioni crescenti sono state, infatti, registrate nelle ultime settimane da alcuni osservatori, dovute, in parte, all’incapacità del Governo ad interim di controllare le brigate armate, che cercano di affermarsi politicamente e guadagnare terreno. Un nuovo Governo centrale, con mandato popolare, potrebbe migliorare la situazione. Per fare in modo che le brigate non attuino ulteriori episodi di violenza, sarà, tuttavia necessario che il nuovo Governo – nominato dal Congresso Nazionale Generale – sia in grado di attuare un programma di giustizia di transizione.

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*Elizabeth Evenson ha chiesto un distaccamento temporaneo da Human Rights Watch per collaborare  con Non c'è Pace Senza Giustizia nell'ambito del programma sulla giustizia di transizione in Libia.

Campagna per la messa al bando delle MGF: Catherine Ashton e altri leader politici di spicco firmano l'appello per chiedere una risoluzione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2012
 

La Coalizione Internazionale delle ONG per la messa al bando mondiale delle mutilazioni genitali femminili sta conducendo già dal 2010 una campagna affinché l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione che vieti tale pratica. A seguito della decisione della 56a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne del marzo 2012 che raccomanda all'Assemblea Generale di prendere in considerazione la questione delle mutilazioni genitali femminili nella 67a sessione nel corso di quest'anno, il gruppo degli Stati africani alle Nazioni Unite si sta facendo promotore dell’iniziativa di elaborare una Risoluzione.
 
A sostegno dell’iniziativa del gruppo africano, la Coalizione per la messa al bando delle MGF ha lanciato un appello alle Nazioni Unite per l’adozione di una  risoluzione che vieta esplicitamente le mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo,  invitando tutti gli Stati ad adottare e attuare una normativa che vieti le mutilazioni genitali femminili e a prendere  tutte le necessarie misure legislative, politiche e operative volte a porre fine a tale pratica.
 
Negli ultimi dieci giorni, importanti personalità politiche di tutto il mondo, tra cui Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza e Vice-Presidente della Commissione Europea, Clémence Traore Some, Ministro degli Affari Sociali e della Solidarietà Nazionale (Burkina Faso), Patricia Espinosa, Segretario degli Affari Esteri (Messico), e Paul Magnette, Ministro delle Imprese Pubbliche, della Politica scientifica e della Cooperazione allo Sviluppo (Belgio), hanno espresso il loro sostegno per l'appello internazionale lanciato dalla Coalizione per la messa al bando delle MGF, invitando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ad adottare una messa al bando mondiale delle mutilazioni genitali femminili nel 2012.

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Per ulteriori informazioni sulla campagna, inclusa la lista completa di coloro che hanno già sottoscritto l'appello, visita il sito www.noncepacesenzagiustizia.org

NPSG celebra la Giornata Internazionale della Giustizia con partner in tutto il mondo
 

Il 17 luglio, in tutto il mondo è stata celebrata la Giornata Internazionale della Giustizia, che segna l’anniversario dell’adozione, da parte di 120 Stati nel 1998, dello Statuto di Roma, trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale (CPI), entrato in vigore il 1° luglio 2002.
 
Il mondo di oggi è molto diverso da com'era dieci anni fa. Le vittime e le popolazioni che hanno sofferto direttamente o indirettamente, per gravi crimini di diritto internazionale hanno ora la possibilità che venga dato riconoscimento a ciò che hanno patito, cosa impensabile fino a 10 anni addietro. Fondamentalmente, il successo della Corte non può essere misurato attraverso il numero di indagini, procedimenti giudiziari o condanne. L’impatto principale che la CPI ha avuto a livello politico globale è che adesso non è più possibile nascondere le responsabilità o perpetrare l’impunità. Ogni discussioni rispetto a situazioni in cui si stanno verificando massicce violazioni sono volte, ad un certo punto, ad eliminare l’impunità ed accertare la responsabilità, anche nei casi in cui siano forze politiche forti a commettere queste violazioni, come nel caso della Siria.
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*Alison Smith è Consigliere Legale e Direttore del Programma di Giustizia Penale Internazionale di Non c'è Pace Senza Giustizia.

L’Africa non è il bersaglio, ma una forza motrice della CPI
 

Come dimostrano la sentenza e la condanna a 14 anni di prigione pronunciate contro Thomas Lubanga, la Corte Penale Internazionale può giocare un significativo ruolo deterrente verso tutti coloro che pianificano la commissione di gravi crimini in violazione al diritto internazionale, come il reclutamento, l'arruolamento o l'utilizzo di bambini soldato durante un conflitto armato. Allo stesso modo, emettendo un mandato d'arresto contro alti dignitari o addirittura capi di Stato, come il presidente sudanese Omar al Bashir, la CPI contribuisce ad inviare un messaggio forte e chiaro: qualunque sia il vostro grado, sarete condotti davanti alla giustizia a rispondere delle vostre azioni.

Ai detrattori africani della CPI che la vedono come uno strumento parziale, vorremmo dire che gli stati africani non ne sono i bersagli privilegiati ma i principali fruitori. In effetti, gli stati africani, non solo ne hanno rappresentato una forza motrice e hanno giocato un ruolo fondamentale nel processo di creazione della CPI, ma si sono rivelati anche i piu attivi nel deferire volontariamente alla Corte situazioni di massicce violazioni del diritto internazionale commesse sul loro territorio. Allo stesso modo, oggi, consideriamo necessario ed urgente che la CPI agisca in Mali, al fine di verificare se sono stati commessi crimini di guerra e contro l'umanità dopo lo scoppio, nel gennaio scorso, della grave crisi nella quale il paese è precipitato.

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*Demba Traoré è Avvocato ed ex-Parlamentare del Mali, nonché neo-eletto Segretario Generale del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, Niccolò Figà-Talamanca è Segretario Generale di Non c'è Pace Senza Giustizia

Leggi l'articolo in francese pubblicato in Slate Afrique, 17 luglio 2012 (scarica il pdf)
Leggi l'articolo in francese pubblicato in Le Soir, 17 luglio 2012 (scarica il pdf)

 Eventi

Corte Penale Internazionale, 10 anni dopo l'Italia ancora inadempiente
 

In occasione dell'anniversario del trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale (CPI), Non c'è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale hanno organizzato una tavola rotonda martedì 17 luglio presso il Senato della Repubblica. Alla riunione, che è stata aperta da Emma Bonino, Vice-Presidente del Senato italiano, parteciparono membri del Senato e della Camera dei Deputati, così come Silvana Arbia, cancelliere della CPI, e Cuno Jakob Tarfusser, giudice della CPI.
 
La riunione è stata l'occasione non tanto e non solo di celebrare una data storica per la giustizia penale internazionale ma, soprattutto, per fare il punto sull'iter di approvazione del disegno di legge di adeguamento dell'ordinamento italiano allo Statuto di Roma, attualmente giacente in Commissione Giustizia al Senato. Malgrado l'Italia fosse uno dei primi ad aver ratificato lo Statuto di Roma eppure, questo clamoroso ritardo nell'adeguare il proprio ordinamento fa sì che i tribunali nazionali e le autorità italiane non possono cooperare con la Corte nelle sue attività inquirenti e giudicanti e, di fatto, pone l'Italia in posizione di flagrante inadempienza rispetto agli obblighi internazionali che ha assunto.

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NPSG incontra i membri della Commissione Affari Legali del Parlamento regionale del Kurdistan in Iraq
 

Il 2 luglio 2012, Non c’è Pace Senza Giustizia ha organizzato un incontro con i membri della Commissione Affari Legali del Parlamento regionale del Kurdistan, in Iraq, per discutere la promozione e la tutela dei diritti umani, dello stato di diritto e la lotta contro l’impunità, così come della pace e la sicurezza in Iraq e anche nell’area MENA.
 
L’incontro, ospitato da Niccolò Figà-Talamanca, Segretario Generale di NPSG, nell’ufficio di Bruxelles di NPSG in collaborazione con la Missione del Governo Regionale del Kurdistan (KRG) presso l’UE, ha visto la partecipazione di Kardo Mohammed (Lista Gorran - opposizione), Awni K. Bazzaz (lista Kurdistani -PUK partito di governo), Rozan Dizayee (lista Kurdistani - partito di governo KDP), e Abdullah Mohammed Ameen (lista Gorran - opposizione).

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