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maggio 2012
Direttore resp.: Nicola Giovannini
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 Notizie

Coalizione Internazionale BanFGM: Appello all’ONU per la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili
 

La Coalizione Internazionale Ban FGM per la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili (MGF), dal 2010, ha lanciato una campagna per promuovere l’adozione di una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che vieti in modo esplicito tale pratica in tutto il mondo.

In seguito alla Decisione adottata della 56ma sessione della Commissione sulla Condizione delle Donne delle Nazioni Unite del marzo 2012, con cui chiedeva all'Assemblea Generale di considerare la questione delle mutilazioni genitali femminili in occasione della sua 67ma sessione, ovvero entro la fine di quest’anno, il Gruppo degli Stati Africani presso le Nazioni Unite sta lavorando senza sosta per elaborare un testo di risoluzione da presentare.

In sostegno agli sforzi del Gruppo africano, la Coalizione Ban FGM lancia un Appello alle Nazioni Unite perché adotti nel 2012 una risoluzione di messa al bando delle mutilazioni genitali femminili in quanto violazione dei diritti umani, e chiede a tutti gli Stati di prendere tutte le misure necessarie a mettere fine a questa pratica.

Tra le prime personalità di spicco che hanno già firmato l'appello: S.E. Chantal Compaoré, First lady del Burkina Faso, Ambasciatrice di Buona Volontà del Comitato Inter-Africano sulle Pratiche Tradizionali e coordinatrice della Campagna Internazionale BanFGM ; Raymonde Coffie Goudou, ministro della famiglia, delle donne e dell'infanzia, Costa d'Avorio; Sihem Badi, Ministro per la condizione delle donne e la famiglia, Tunisia; Maikibi Kadidiatou Dandobi, Ministro per la popolazione, la condizione delle donne e la protezione dell'infanzia, Niger; Olivia Amedjogbe-Kouevi, Ministro per la promozione del ruolo della donna, Togo; Joëlle Milquet, Vice Primo Ministro e Ministro degli affari interni e delle pari opportunità, Belgio; Isabelle Durant, Vice-Presidente del Parlamento europeo, Emma Bonino, Vice-Presidente del Senato italiano e fondatrice di Non c'è Pace Senza Giustizia; Olga Zrihen, Marleen Temmerman, Fauzaya Talhaoui, Fatiha Saïdi, Nele Lijnen membri del Senato, Belgio; Fatoumata Sidibé e Gisèle Mandaila, membri del Parlamento della Regione di Bruxelles-Capitale, Belgio; Safia Djibril, Membro del Parlamento, Djibouti; Mama-Raouf Tchagnao, Ministro Consigliere, Missione Permanente del Togo alle Nazioni Unite; Ivan Hermans, Consigliere per le Politiche e Relazioni Esterne, UNFPA; Mariam Lamizana, Presidente del Comitato Inter-Africano contro le Pratiche Tradizionali, Khady Koïta, Presidente di La Palabre nonchè Premio Roma per la Pace e l'Azione Umanitaria nel 2010, Senegal.

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Firma l’appello su www.noncepacesenzagiustizia.org

Libia: sostenere la transizione democratica attraverso giustizia ed attribuzione delle responsabilità
 

Presto sarà passato un anno da quando il popolo libico si è liberato ufficialmente da 42 anni di regime dittatoriale. La transizione della Libia verso la democrazia ha ancora una lunga strada da compiere. Non c'è Pace Senza Giustizia (NPWJ), che per anni è stata a fianco degli attivisti della democrazia e dei difensori dei diritti umani in Libia, è impegnata nel fornire sostegno alla società civile e alle nascenti istituzioni governative nell’adempiere alla loro responsabilità di portare a termine la rivoluzione, mettendo fine all’eredità di Gheddafi, fatta di impunità e corruzione, attraverso un processo globale di giustizia e di definizione delle responsabilità individuali. 

"Cambia il colore" si legge nei graffiti scarabocchiati sulle poche saracinesche di tripoli ancora dipinte con il colore preferito da Gheddafi, il verde. La maggior parte dei negozianti libici non aveva bisogno di tale incoraggiamento; con la loro licenza di commercio, non più subordinata ad una persiana verde, i negozi in tutta la Libia sono ora dipinti coi colori più diversi, dal blu cielo ai colori della bandiera, che ha finito per simboleggiare la loro ritrovata libertà.
 

Ma non tutte le tracce del dominio di Gheddafi sono facili da cancellare. Un patrimonio di ingiustizia e di impunità ha lasciato cicatrici profonde nella società libica e gran parte della transizione del Paese verso la democrazia consiste ora nella ricostruzione delle istituzioni democratiche e giudiziarie, distrutte dal precedente regime. Sforzi analoghi devono essere compiuti per ricostruire le aspettative e la fiducia dell’opinione pubblica nello Stato di diritto, nelle istituzioni dello Stato e negli altri cittadini. Come molti dittatori, Gheddafi ha fondato e accresciuto il suo potere sul senso di sfiducia e sul timore. Un attivista mi ha detto di non aver mai parlato di politica davanti ai suoi bambini per paura che avrebbero potuto ripetere ciò che avevano sentito a scuola, dove un insegnante o un genitore poteva essere molto spesso uno delle migliaia di informatori segreti, che permettevano di tenre in linea aspiranti dissidenti politici.

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* Michael Gibb è attualmente di base in Libia per il progetto di NPSG sulla giustizia transitoria (NPWJ project on transitional justice)

Sierra Leone: Il verdetto su Charles Taylor è uno storico passo nella lotta contro l’impunità
 

Il 26 aprile 2012, la Corte Speciale per la Sierra Leone (Special Court for Sierra Leone - SCSL) ha riconosciuto l'ex Presidente della Liberia Charles Taylor colpevole di aver istigato e favorito la commissione di crimini di guerra, crimini contro l'umanità ed altre gravi violazioni del diritto internazionale nell'ambito del ruolo svolto nel supportare i gruppi ribelli della Sierra Leone durante il conflitto armato. Il Presidente Taylor è il primo ex Capo di Stato ad essere giudicato da un tribunale internazionale sin dai processi di Norimberga che hanno fatto seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Non c'è Pace Senza Giustizia (NPSG) ritiene che questa decisione rappresenti un evento storico nel processo di attribuzione delle responsabilità, per la popolazione della Sierra Leone ma anche per la giustizia penale internazionale in tutto il mondo. Significa che nessuno si pone al di sopra della legge, senza eccezioni. Serve anche ad inviare un messaggio deterrente a quei leader che ritengono ancora di poter commettere gravi crimini in violazione del diritto internazionale: anche coloro che si trovano ai più alti livelli della catena di comando saranno chiamati a rispondere delle loro azioni.

La sentenza su Taylor riflette le conclusioni della SCSL riguardanti le attività del Fronte Rivoluzionario Unito (Revolutionary United Front – RUF). Determinanti, per il verdetto prima facie della Corte Speciale sulle violazioni del diritto umanitario nel caso del RUF, sono stati i rapporti ONU sui diritti umani ed il Rapporto sulla Mappatura dei Conflitti prodotto da Non c'è Pace Senza Giustizia , che sono stati considerati come “utili e attendibili” per comprendere “lo sfondo e il contesto del conflitto, così come per giungere alle conclusioni generali”. Il Rapporto di NPSG era basato sul suo programma di mappatura dei conflitti condotto in Sierra Leone dal 2000 al 2004. In questa sede si erano analizzati documenti recuperati da persone chiave in tutto il Paese, e dimostrato molto chiaramente che la campagna di atrocità e terrore intrapresa dal Fronte Rivoluzionario Unito era stata diretta e sostenuta da Charles Taylor prima, durante ed anche dopo il termine della sua Presidenza. Mentre il trasferimento del Presidente Taylor ed il successivo processo a L'Aia potrebbero aver inviato segnali contrastanti ed aver allargato il divario tra la SCSL e la popolazione della Sierra Leone, sebbene minimizzato dagli sforzi messi in atto dalla SCSL con il suo programma di outreach, la sentenza emessa lo scorso mese costituisce un passo cruciale nella lunga strada della Sierra Leone verso l'attribuzione delle responsabilità per gli orrori commessi durante il conflitto armato.

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* Alison Smith è consigliere legale e Coordinatrice del Programma sulla Giustizia Penale Internazionale di NPSG

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Donare a Non c'è Pace Senza Giustizia significa sostenere il nostro lavoro per la tutela e la promozione dei diritti umani, della democrazia, dello stato di diritto e della giustizia internazionale in tutto il mondo.

Significa supportare il nostro impegno, a livello nazionale ed internazionale, per ripristinare lo stato di diritto, accertare le responsabilità e a garantire giustizia alle vittime dei crimini sulla base del diritto penale internazionale, sia attraverso la Corte Penale Internazionale che tribunali specifici, con processi condotti in tribunali nazionali o altre istanze competenti per accertare le responsabilità. Significa garantire che, a prescindere da quale soluzione venga adottata, questa sia strutturata ed attuata per il ripristino dello stato di diritto, e che risponda alle richieste delle parti in causa e rispetti gli standard più alti di tutela dei diritti umani.

Donare a Non c'è Pace Senza Giustizia significa contribuire, attraverso un bando universale, a porre fine alle Mutilazioni Genitali Femminili, praticate ogni giorno su migliaia di giovani donne e bambine. Significa definire in modo chiaro questa abominevole ed assurda pratica quale violazione del fondamentale diritto all’integrità psico-fisica, sgombrando definitivamente il campo da inaccettabili giustificazioni a sfondo culturale o religioso. Significa aiutare milioni di donne e bambine in tutto il mondo a difendersi da questa violenza, attraverso un messaggio chiaro, forte e indiscutibile.

Donare a Non c'è Pace Senza Giustizia significa, infine, promuovere valori democratici, istituzioni liberali e la trasparenza di governo nella regione del medio Oriente e nord Africa, attraverso la creazione di meccanismi politici di consultazione che riconoscano gli attori non-governativi, le ONG e la società civile come interlocutori legittimi e necessari delle istituzioni sui problemi delle riforme democratiche.

Ogni contributo puo’ fare la differenza e aiutarci nelle nostre battaglie, contro l’impunità per gravi violazioni del diritto umanitario e l’affermazione della giustizia penale internazionale, per la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili, e per sostenere il ruolo degli attivisti dei diritti umani e della democrazia nel Medio Oriente e Nord Africa.

Donare il 5 per mille a Non c'è Pace Senza Giustizia non ti costerà nulla, ma ci permetterà di portare avanti tutte queste battaglie e di vincerle: decidi tu che segno lasciare.

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Per ricevere ulteriori informazioni, vi preghiamo di contattarci a donate@npwj.org

 Eventi

Campagna Ban FGM: il Senato belga ha ospitato il lancio di un Appello per una Risoluzione da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2012
 

Il 3 maggio 2012, la Coalizione Internazionale di ONG per una messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili ha organizzato un evento di alto livello, con il patrocinio del Senato belga e con la presenza di S.E. Chantal Compaoré, First lady del Burkina Faso, Ambasciatrice di Buona Volontà del Comitato Inter-Africano sulle Pratiche Tradizionali (IAC-CIAF) e coordinatrice della Campagna Internazionale Ban FGM.

Tra i relatori dell'evento si annoverano tra gli altri, Isabelle Durant, Vice-Presidente del Parlamento Europeo, Emma Bonino, Vice-Presidente del Senato italiano, un portavoce di Joëlle Milquet, Vice Primo Ministro and Ministro degli Interni e delle Pari Opportunit belga, Marleen Temmerman e Olga Zrihen, membri del Senato Federale belga, Gisèle Mandaila e Fatoumata Sidibé, membri del Parlamento della Regione Bruxelles-Capitale, Mariam Lamizana, Presidente del IAC-CIAF, Khady Koïta, Presidente della ONG La Palabre, Els Leye, del Centro Internazionale per la Salute Riproduttiva, ed altre personalità di spicco che sono state coinvolte negli sforzi per porre fine alle MGF, sia in Belgio sia a livello internazionale.

Durante questo importante incontro, la Coalizione Ban FGM ha lanciato un appello alle Nazioni Unite per una Risoluzione che metta espressamente al bando le mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo e ha richiesto agli Stati di prendere tutte le necessarie misure legislative, politiche e operazionali dirette a porre fine a tale pratica. Questo lancio segue una serie di eventi organizzati dalla Coalizione Ban FGM in svariate capitali africane, nonché al quartier generale delle Nazioni Unite a New York, e aspira a coinvolgere attori politici belgi ed europei a supporto dell’iniziativa africana per la Risoluzione.

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Accademia di Giustizia Transitoria: prima formazione per le vittime a supporto della lotta contro l'impunità in Tunisia
 

Al Kawakibi Democracy Transition Center (KADEM) in collaborazione con Non c'è Pace Senza Giustizia (NPSG), Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ) e l'Associazione di Giustizia e Riabilitazione hanno organizzato un training - tenutosi a Tozeur, Tunisia, il 26 e 27 aprile 2012 - nell'ambito dell'Accademia di Giustizia Transitoria (l'Accademia). che ha visto la partecipazione di 27 vittime, rappresentanti di vittime e famiglie delle medesime.

Dopo la consultazione avvenuta il 25 aprile 2012 con più di 40 vittime, provenienti dai governatorati e dalle città del sud del paese (incluse Kebelli, Gabes, Kasserine, Sfax, El-Kef, Mahdia, Mednine, Gafsa, Tozeur, Sidi Bouzid, Sousse, Tataouine e Monastir) lo scopo di questi due giorni di formazione è stato quello di coinvolgere le vittime sui concetti di base della giustizia transitoria quali ricerca della verità, concetto di vittime e natura delle violazioni, riparazioni e riabilitazione, responsabilizzazione e riconciliazione, garanzie di non ripetizione e riforma istituzionale, Commissioni di Verità.

In Tunisia le vittime e le loro famiglie hanno subito direttamente le violazioni, che la giustizia transitoria si propone di affrontare. Pertanto, in questa fase iniziale, la consultazione delle vittime, gruppi particolarmente vulnerabili che hanno difficoltà a far sentire la propria voce, è cruciale per favorire le loro opinioni ed aspettative in merito alla giustizia transitoria e per promuovere un senso di appartenenza a tutto il processo.

Il corso di formazione, e tutti gli eventi organizzati nell'ambito dell'Accademia, sono progettati per sensibilizzare e rinforzare le capacità dei principali attori chiave tunisini, affinché possano svolgere un ruolo dinamico nel fornire supporto ai processi di giustizia transitoria. Questa iniziativa congiunta contribuirà a favorire un ampio coinvolgimento di tutti i segmenti della società tunisina ed a fornire maggiore slancio per l'istituzione di una Commissione Nazionale sulla Giustizia Transitoria, che indaghi sulle violazioni verificatesi sotto il precedente regime autoritario.

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