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novembre 2015
Direttore resp.: Nicola Giovannini
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 Notizie

Gambia: NPSG e NRPTT accolgono l'annuncio della messa al bando delle MGF da parte del Presidente Jammeh e sollecitano l'Assemblea Nazionale ad adottare una legislazione specifica
 

Non c'è Pace Senza Giustizia (NPSG) e il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito (PRNTT) accolgono con favore la proclamazione presidenziale di mettere al bando le mutilazioni genitali femminili (MGF) fatta dal presidente Yahya Jammeh, che ha dimostrato l'impegno politico al più alto livello per affrontare le MGF e tutelare i diritti delle donne e delle bambine in Gambia.
 
Questa proclamazione presidenziale rafforza le voci delle numerose comunità che nel corso degli ultimi otto anni hanno pubblicamente manifestato la volontà di mettere al bando le MGF e amplifica la legittimità e l'impatto delle attività di advocacy e sensibilizzazione intrapresi da organizzazioni della società civile come il GAMCOTRAP, che sotto la guida instancabile del suo presidente, Isatou Touray, si battono per porre fine a questa violazione dei diritti umani.
 
Noi siamo fianco a fianco con gli attivisti del Gambia nell'esortare tutti i membri dell’Assemblea Nazionale ad intervenire a seguito della dichiarazione del presidente Jammeh e adottare una normativa specifica che criminalizzi le MGF prima della fine dell’anno. Come ribadito dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite 69/150, "promulgare e rinforzare la legislazione che vieta le MGF per proteggere donne e bambine da questa forma di violenza, e agire contro i responsabili" sono fattori fondamentali e cruciali per combattere con successo questa forma di violenza di genere, promuoverne l’eliminazione e proteggere le vittime.
 
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*  Alvilda Jablonko è Direttore per Genere e Diritti Umani, Non c’è Pace Senza Giustizia

Giornata Internazionale: il mondo deve proteggere I diritti dei bambini
 

In occasione della Giornata internazionale dei Diritti del Fanciullo, Non C’è Pace Senza Giustizia (NPSG) ed il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito (PRNTT), insieme ai partner siriani, esprimono la loro solidarietà con i bambini in Siria, i quali dal 2011 stanno vivendo sulla propria pelle indescrivibili orrori e violenze, perpetrate con sempre più frequenza e brutalità in una cultura di quasi completa impunità.
 
La Siria rappresenta l’emblema di un disastro umanitario e dei diritti umani, che colpisce in modo sproporzionato i bambini in zone di guerra nel mondo. I bambini hanno diritto al cibo, alla salute, all’istruzione e alla sicurezza. Ciononostante, i bambini in Siria non hanno accesso a nessuno di questi diritti. Peggio ancora - come evidenziato nel primo report del Segretario Generale dell’ONU sulla situazione dei bambini e del conflitto armato nella Repubblica Araba Siriana - essi sono vittime di “innumerevoli uccisioni e mutilazioni”. Dopo quattro anni di fallimento da parte della comunità internazionale nel porre fine al conflitto in Siria, rinnoviamo il nostro appello a tutti gli Stati ed a tutte le organizzazioni regionali e internazionali, perché dimostrino il proprio impegno nei diritti umani ed in particolare per i diritti dei bambini, interrompendo il ciclo di impunità che sta devastando il paese.
 
Inoltre, dovremmo ricordare a noi stessi che anche in tempi di pace i diritti fondamentali dei bambini sono minacciati o violati, come dimostrato dai milioni di bambine in tutto il mondo, sottoposte a mutilazioni genitali femminili e matrimoni forzati. NPSG e il NRPTT fanno appello a tutti gli stati nei quali le violazioni dei diritti umani siano commesse, affinché attuino e facciano rispettare le legislazioni specifiche per proibirle inequivocabilmente, ed affinché apportino un chiaro e forte supporto agli innumerevoli gruppi per i diritti umani, alle associazioni di donne ed agli attivisti che lottano quotidianamente per porre fine a queste forme di violenza.
 
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* Alison Smith è Consigliere Legale e Direttore del Programma di Giustizia Penale Internazionale di NPSG

Crimini di guerra in Bangladesh: l’UE deve agire con decisione nell’impedire il fallimento della giustizia
 

Non C’è Pace Senza Giustizia (NPSG) ed il Partito Radicale Transnazionale Transpartito Nonviolento (PRNTT) reiterano le loro forti preoccupazioni per le ripetute e continue violazioni da parte delle autorità giudiziarie del Bangladesh del diritto a un equo processo nell’adempimento di crimini internazionali. Attraverso la persistente esclusione delle garanzie processuali dovute e l’applicazione della pena di morte, il Tribunale per i Crimini Internazionali (ICT) non otterrà l’obiettivo prefissato di portare giustizia alle vittime e di affrontare le atrocità di massa commesse durante il conflitto di nove mesi nel 1971 - dal quale il Bangladesh è traumaticamente emerso come Stato indipendente - e che perseguitano il Paese ancora oggi.
 
Le ultime sentenze controverse comminate contro due leader dei partiti dell’opposizione rinforzano ulteriormente la percezione che gli atti dell’ICT siano un’arma di vendetta influenzata politicamente, il cui obiettivo reale è creare ulteriore violenza e divisione, e non la riconciliazione che il popolo del Bangladesh merita. Il Bangladesh non può continuare a ignorare le vere legittime preoccupazioni e le richieste persistenti per le riforme, sia interne che internazionali, incluse quelle delle sentenze ufficiali delle Nazioni Unite.
 
Questo significa in primo luogo e soprattutto l’immediata e categorica esclusione della pena di morte per gli individui accusati dall’ICT e la piena applicazione di tutte le garanzie  processuali dovute, incluse la protezione dei testimoni, dei potenziali testimoni e dei legali della difesa da molestie ed intimidazioni; la piena applicazione della presunzione di innocenza; e di tutti i diritti processuali garantiti secondo i più alti standard internazionali.
 
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 Eventi

Evento parallelo su “Accountability e possibilità di una situazione politica al conflitto in Siria”
 

A margine della 14esima sessione dell’Assemblea degli Stati Parte della Corte Penale Internazionale, l’Euro-Syrian Democratic Forum e Non c’è Pace Senza Giustizia hanno organizzato un evento su “Accountability e possibilità di una situazione politica al conflitto in Siria”, tenutosi il 25 novembre 2015 presso il World Forum, a L'Aia. L’incontro è stato organizzato con il sostegno dell’Unione Europea e co-sponsorizzato dai governi di Belgio, Canada, Francia, Italia, Liechtenstein, Olanda, Regno Unito, e dalla Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione.
 
Questo evento mirava a trattare le questioni fondamentali del risarcimento delle vittime e dell’accountability come componente essenziale di qualsiasi situazione politica del conflitto in Siria, proponendosi di affrontare alcune delle problematiche che si presenteranno. L’incontro serviva anche come promemoria, per ricordare che una soluzione politica duratura alla guerra in Siria richiede un processo inclusivo e partecipato che sia in grado di far si’ che le vittime di violenza, violazioni e abusi dei diritti umani e violazioni del diritto umanitario internazionale siano risarcite, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica, religiosa o politica; inoltre sono necessari meccanismi di accountability per promuovere riconciliazione nazionale, per assicurare il non ripetersi di questi episodi, il rispetto del diritto interenazionale e umanitario e la fine dell’impunità.
 
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All'interno delle prigioni del regime siriano: l'esposizione dei “Caesar Files”
 

A margine della 14esima sessione dell'Assemblea degli Stati Parte della Corte Penale Internazionale, la Syrian Association for Missing and Conscience Detainees, l'Euro-Syrian Democratic Forum e Non c'è Pace Senza Giustizia hanno ospitato l'esposizione “All'interno delle prigioni del regime siriano: i Caesar Files” presso il World Forum a L'Aia, dal 18 al 20 novembre 2015. L'esposizione è stata co-sponsorizzata dai governi di Canada, Liechtenstein e Stati Uniti d'America.
 

L'esposizione “Caesar” raccoglie fotografie di detenuti nelle carceri e nei centri di detenzione del regime siriano. Le fotografie sono state scattate da un ex membro dell'esercito siriano – conosciuto con lo pseudonimo “Caesar” - scappato dalla Siria nel 2013. Caesar, scappando, ha portato con se più di 55.000 fotografie che ritraggono circa 7.000 siriani torturati dal regime di Assad. Le 11.000 vittime da lui fotografate rappresentano solo una parte delle torture e degli omicidi sistematici che hanno luogo nelle prigioni del regime siriano. Dopo un primo ciclo di analisi da parte di un equipe medico-legale all'inizio del 2014, le fotografie di Caesar sono state condivise con la COI dell'ONU, che le ha citate come prova evidente delle violazioni sistematiche dei diritti umani da parte del regime di Assad.

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