11ma ASP della CPI: NPSG organizza un evento parallelo su “Il Tribunale per i crimini internazionali del Bangladesh”

Undicesima sessione della Assemblea degli Stati Parte della CPI, L’Aja, 21 novembre 2012

 
In occasione della undicesima sessione dell’Assemblea degli Stati Parte (ASP) della Corte Penale Internazionale (CPI) a L'Aja, Non c’è Pace Senza Giustizia ha organizzato un evento parallelo  su “Il Tribunale per i crimini internazionale del Bangladesh”, il 21 novembre 2012 (dalle 13:00 alle 15:00), al World Forum (Oceania 2).
 
Il tribunale per i crimini internazionali del Bangladesh (ICT) è stato creato dal governo del Bangladesh per indagare e processare gli individui accusati di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e crimini contro la pace commessi durante la Guerra di Liberazione del Bangladesh nel 1971, dalla quale il Bangladesh è emerso come Stato indipendente. L’istituzione del tribunale, il 25 marzo 2010, ha come obiettivo di porre fine alla cultura dell’impunità, che esiste da più di quarant’anni, riguardo le massicce atrocità commesse , le perdite di vite e le sofferenze umane inflitte durante i nove mesi di conflitto.
 
Lo scopo dell’incontro era discutere le attuali sfide che il tribunale si trova ad affrontare nel portare a termine il proprio mandato attraverso un processo giudiziario indipendente, equo ed imparziale. Tra i relatori: Advasiful Islam, Procuratore del Tribunale per i crimini internazionali del Bangladesh; Schona Jolly, del Comitato degli Avvocati per i Diritti Umani di Inghilterra e Galles; Ashmed Ziauddin, Professore di Diritto Penale Internazionale; Toby Cadman, Avvocato difensore.

 

 

Contesto
Il Tribunale è stato creato attraverso l’Atto 1973 sul Tribunale per i Crimini Internazionali del Bangladesh. L’Atto è una legge nazionale, approvata dal Parlamento del Bangladesh, e prevede procedimenti  giudiziari esclusivamente interni, che li rende parte della giurisdizione sia del Tribunale che del sistema legale del Bangladesh.   

 
Sfide di oggi
I crimini commessi durante il conflitto del 1971 continuano a tormentare il Bangladesh e gli sforzi per portare giustizia sono quindi essenziali per permettere al paese di progredire senza dover sopportare il grave peso dell’impunità. Tutti coloro che hanno sofferto durante il conflitto hanno il diritto di vedere la riaffermazione della giustizia attraverso un processo giudiziario imparziale ed indipendente.
Il Tribunale ha la missione storica di chiudere questo traumatico capitolo e di dare voce alle centinaia di migliaia di vittime e sopravvissuti che meritano che giustizia sia fatta e sia fatta in maniera evidente. Esso può portare a termine il proprio mandato consegnando alla giustizia coloro che hanno ordinato e commesso atrocità su larga scala; fornendo riconoscimento e riparazione alle innumerevoli vittime; e creando una documentazione chiara ed inequivocabile degli eventi che rifletta le reali esperienze di tutte le comunità colpite. Obbligo e responsabilità del Tribunale sono, dunque, non soltanto punire coloro che sono stati riconosciuti colpevoli al di là del ragionevole dubbio, ma anche garantire un equo processo che sia spiegato alle vittime e alla popolazione del Bangladesh, in modo da permettere loro di capire e seguire i procedimenti giudiziari e di sentire che giustizia è stata fatta.
 
Il Tribunale dovrebbe dimostrare la sua abilità e volontà a condurre processi con equità, imparzialità, stretta aderenza al giusto processo e applicazione dei più alti standard internazionali nel punire i crimini disciplinati dal diritto internazionale. Se la difesa non sarà in grado presentare testimoni e fronteggiare l’accusa senza dover subire molestie e intimidazioni, il Tribunale avrà fallito nel rispondere alle richieste delle vittime e nel realizzare le promesse di giustizia. Un tale fallimento renderebbe inoltre inevitabile per un futuro governo negare i risultati del tribunale e promuovere politiche revisioniste che glorificherebbero i perpetratori e umilierebbero le vittime. In particolare, qualsiasi applicazione della pena di morte per individui processati dal tribunale potrebbe virtualmente garantire che il processo sia visto dagli oppositori e dai potenziali sostenitori come un maldestro tentativo di eseguire una vendetta politica sulla leadership d’opposizione sottoforma di lotta contro l’impunità. Per mantenere la promessa di giustizia per le vittime che il tribunale rappresenta, il Bangladesh ha bisogno di escludere immediatamente e categoricamente la pena di morte per gli individui accusati dal Tribunale e di applicare a pieno tutte le dovute garanzie, inclusa la protezione dei testimoni, dei potenziali testimoni e degli avvocati dalle minacce e dalla intimidazioni; piena applicazione della presunzione di innocenza; e tutti gli altri diritti relativi  ad un processo, secondo i più alti standard internazionali. considerato che molti processi sono ancora in corso,  il Tribunale può ancora assicurare che questi standard siano applicati e che lo siano in modo evidente. È essenziale che la struttura legislativa e le procedure adottate dal governo del Bangladesh siano  conformi al diritto internazionale, ai diritti umani e alle altre obbligazioni derivanti dai trattati internazionali che il paese ha ratificato e che assicurino che il processo sia condotto in maniera equa e trasparente, per impedire che i processi del Tribunale possano essere facilmente screditati, da un governo futuro, come ingiusta e ampiamente condannabile vendetta giudiziaria, dettata da ragioni politiche.
 

 
NPSG e la Corte Penale Internazionale
Non c'è Pace Senza Giustizia, che è uno dei membri fondatori della Coalizione di ONG per la Corte Penale Internazionale(Coalition for the International criminal Court - CICC) e che è stata una delle organizzazioni in prima linea per promuovere la costituzione e l'entrata in vigore della Corte Penale Internazionale permanente e continua a lavorare per la sua ratifica universale, ha partecipato a tutte le sessioni della ASP, fin dalla sua prima sessione nel 2002, anno in cui è stata istituita la CPI. 
             
 
Per maggiori informazioni, contattare Alison Smith asmith@npwj.org o +32-2-548-3912 o Nicola Giovannini ngiovannini@npwj.org o +32-2-548-3915