Campaigning for the Protection and Promotion of Human Rights, Democracy, the Rule of Law and International Justice
Afro-Arab Expert Consultation on "Legal Tools for the Prevention of Female Genital Mutilation"
Lettera 22
MUTILAZIONI FEMMINILI: UNA PRIMA VITTORIA AL CAIRO 22/6/03
Le autorità religiose sconfessano una pratica che non viene avallata nè dal Corano nè dalla Bibbia. Un successo per la Conferenza promossa in Egitto da Aidos e Non c'è pace senza giustizia
Paola Caridi ed Emanuele Giordana
Domenica 22 Giugno 2003
“Non ci credera’, ma sono donne normali. Come tutte le altre”. In Sierra Leone, le sowie, le “iniziatrici”, sono pero’ donne molto particolari. Con un mestiere altrettanto particolare. Circoncidono. Laurel Bangura doveva diventare una di loro. Ma non ce l’ha fatta ad affrontare la prova piu’ dura: mutilare una seconda volta se stessa. Stavolta da sola. “Solo se hai la forza di incidere il tuo corpo puoi fare la stessa cosa alle altre”.
Laurel Bangura non ce l’ha fatta. Eppure diventare sowie l’avrebbe resa la donna piu’ importante della sua comunita’. Quasi alla stregua degli uomini. Lei, invece, non ha voluto avere lo stesso destino: aspettare la stagione delle piogge, da luglio a settembre, e veder arrivare ogni giorno in casa una bambina da incidere. Laurel a poco piu’ di 17 anni se n’e’ andata a Freetown ed e’ diventata una delle attiviste piu’ dure contro le mutilazioni genitali femminili (Fgm) in Sierra Leone. Dove lo Fgm e’ diffuso dappertutto, dalle campagne alla capitale. E, ora, ha convinto alcune sowie a lasciare il mestiere.
La religione, dice Laurel, non c’entra. L’incisione delle bambine e’ una tradizione accettata da tutti. Perche’, altrimenti, le ragazze non riuscirebbero a trovare marito. La stessa ragione per la quale, anche in Egitto, oltre l’80% delle donne e’ ancora sottoposta a una pratica vietata dalla legge dal 1996, ma ancora ampiamente diffusa. Con la giustificazione, da parte delle famiglie, che cosi’ fanno tutti e che solo in questo modo si avra’ un buon matrimonio per la figlia. Musulmana o copta, non ha importanza, perche’ lo Fgm attraversa le religioni, messe insieme da un conformismo sociale duro a morire.
Se il medico non puo’ piu’ circoncidere, infatti, non importa. Si va dall’ostetrica o dal barbiere del villaggio, per i quali l’”operazione” e’ un business redditizio. Su cui tentano di lavorare le Organizzazioni non governative all'opera in Egitto, soprattutto nella parte meridionale nel Paese. I tipi di approccio sono di diverso tipo. L'Undp, per esempio, ha in corso un progetto che prevede di creare "free-Fgm village", villaggi liberati dallo Fgm. Un approccio, questo, considerato molto più redditizio di quello che si interessava alle famiglie, tentando di convincere singolarmente il nucleo famigliare ad abbandonare la pratica della circoncisione. La "liberazione" del villaggio, infatti, consente di diminuire fortemente la pressione sociale che, altrimenti, isolerebbe la famiglia "liberata" dallo Fgm. E manterrebbe l'unità della comunità.
Nascosta, poco esibita, la mutilazione femminile e’ ancora difficile da estirpare. Non solo in Africa, dove la tradizione si concentra. Ma anche nei paesi ricchi, dall’Europa agli Stati Uniti, dove le comunita’ di immigrati si sono portate appresso, assieme ai ricordi, anche lo Fgm. “E’ proprio questo silenzio, questo aggrapparsi alla tradizione l’ostacolo ancora piu’ difficile da superare”, dice Emma Bonino, una delle protagoniste di una nuova campagna per fermare una pratica abominevole che riguarda oggi, dati ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ alla mano, dai 120 ai 130 milioni mutilate. Con un esercito di due milioni di bambine che ogni anno rischia di subire la medesima sorte.
LA CONFERENZA
Se il buon giorno si vede dal mattino, l’inaugurazione della conferenza internazionale del Cairo sulla prevenzione delle mutilazioni genitali femminili, sembra già aver segnato un successo per la conferenza fortemente voluta da Emma Bonino e apertasi ieri nella capitale egiziana.
La conferenza ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione su una pratica diffusa in diversi paesi del pianeta ma soprattutto in Africa. Individuando gli strumenti legali e giuridici che consentano di combatterla, nel quadro legislativo ma anche nel cuore delle persone, dove la tradizione è più fortemente radicata. Per questa battaglia culturale oltre che giuridica, era dunque necessario un messaggio forte. Che proprio ieri, all’apertura del summit, è arrivato, rompendo lo schema che vede in questi incontri soprattutto delle vetrine con molta scenografia e scarsi risultati.
Voluta da Suzanne Mubarak, moglie del leader egiziano Hosni Mubarak, la conferenza si è aperta proprio con una sua dichiarazione in diretta tv dove la first lady ha definito la mutilazione genitale una “violazione dei diritti umani”. Rompendo un tabù. Ma il messaggio davvero forte, quello che veramente può incidere sulla coscienza di milioni di fedeli, è arrivato con le parole dei due leader religiosi più importanti del Paese: il Grande Imam di Al Azhar, Mohammed Sayyed Tantawi, e il rappresentante del capo della chiesa copta, il vescovo Moussa. Saliti sul palco di una conferenza hanno escluso, sia l’uno che l’altro, che le mutilazioni sessuali siano avvallate dal Corano o dalla Bibbia. E se le parole di Moussa sono importanti per la forte minoranza copta egiziana, quelle di Tantawi hanno un valore che si spinge ben oltre i confini del Paese delle piramidi.
Tantawi è l’uomo cui guardano i musulmani dell’intero pianeta, molti dei quali spingono i propri figli a studiare all’interno delle sacre mura dell’Università del Cairo. Una sua parola ha la stessa forza, fatti i debiti paragoni, di quella di un’autorità religiosa che potremmo paragonare al Papa per i cristiani. E poiché la religiosità musulmana contempla e pervade ogni parte della vita sociale, ecco che le parole dell’Imam di Al Azhar segnano una svolta culturale importante di questa battaglia. E la sua prima vera vittoria politica e spirituale.
La conferenza, che segna uno dei momenti chiave della Campagna Internazionale "STOP FGM-To eradicate Female Genital Mutilation", promossa dalle associazioni Donne per lo Sviluppo (Aidos) e Non c’è pace senza giustizia, si concluderà lunedì. E i prossimi due giorni saranno dedicati a discutere degli strumenti legali per procedere a quella che in gergo viene chiamata la “liberazione” dei villaggi da una pratica che, dati dell’Oms alla mano, interessa oggi quasi 130 milioni di donne mutilate. Con un esercito di due milioni di bambine che ogni anno rischia di subire la medesima sorte. Pratica diffusa solo negli angoli bui del continente africano? No, se tocca almeno l’80% delle donne egiziane, facendo del Cairo una delle più moderne città del continente dove largamente ancora sopravvive questa forma terribile di schiavitù violenta femminile.
In realtà questa pratica interessa anche il “primo mondo”. Con l’emigrazione infatti, la mutilazione genitale finisce per arrivare anche da noi. Per eliminarla, la Campagna lanciata nel novembre scorso ha l'obiettivo di aumentare la consapevolezza internazionale, non solo dunque quella dei paesi arabi ed africani in primo luogo, dove questa tradizione è molto diffusa. L’importante è che in questi paesi si rafforzi l'azione della società civile e dei governi, anche attraverso l'individuazione degli strumenti normativi e politici più efficaci. E che anche in Europa ci sia un quadro chiaro che aiuti queste donne e le loro famiglie ad uscire da una schiavitù culturale che si trasforma in tortura. Ecco perché la Conferenza nasce con il sostegno dell’Unione europea e con il forte impegno di Emma Bonino, una donna abituata a lottare contro le ingiustizie che spesso si ammantano di tradizione. Aiutate da un silenzio colpevole.