Afghanistan: continua l’eliminazione delle donne dalla vita pubblica

12 Mag, 2022 | Comunicati Stampa

La scorsa settimana il leader supremo talebano Hibatullah Akhundzada ha disposto il decreto che impone alle donne afghane di coprirsi con il burqa in pubblico questa restrizione è solo l’ultima di una serie di obblighi imposti dal regime talebano il quale dinanzi all’occidente si proclamava difensore delle donne, di quelle stesse donne che sono coraggiosamente scese in piazza per protestare contro questo nuovo ennesimo ed umiliante obbligo. Secondo Avvenire, martedì mattina un breve corteo formato da una dozzina di contestatrici scese in piazza a seguito del decreto è stato fermato da combattenti islamici che hanno anche cercato di impedire ai giornalisti di raccontare l’evento.

Purtroppo, questa ulteriore restrizione della libertà delle donne era “nell’aria” tanto che, durante la sessione plenaria del Parlamento europeo che ha avuto luogo due settimane fa, gli eurodeputati e le eurodeputate avevano approvato a larghissima maggioranza una risoluzione in cui si deplora il costante deterioramento della situazione delle donne e delle ragazze in Afghanistan dal ritorno al potere dei talebani nel 2021. Con la risoluzione l’eurocamera ha stigmatizzato la comunicazione del 23 marzo scorso con cui i talebani avevano annunciato alle studentesse afghane che non sarebbero più potute tornare in aula. L’educazione scolastica, infatti, sarà assicurata soltanto alle bambine fino al sesto anno di scuola, mentre, le studentesse dai 12 ai 19 anni dovranno restare a casa fino a quando, come spiegato dal ministero dell’Istruzione, “il codice di abbigliamento delle ragazze sarà consono alla legge della Sharia e alla cultura afghana”.

Nel consueto appuntamento di NPSG su radio radicale abbiamo sentito l’onorevole Alessandra Moretti (S&D) che ha condannato ai nostri microfoni la persistente attenzione che il governo di Kabul sta dimostrando nel cancellare le donne e le ragazze dalla vita pubblica e nel negare i loro diritti più fondamentali, tra cui l’istruzione, il lavoro, la circolazione e l’assistenza sanitaria.

Le parole di Moretti, così come quelle di tante altre donne e uomini allibiti per quello che sta succedendo a Kabul, sono molto simili a quelle pronunciate a più riprese da Shaharazad Akbar, Presidente uscente della Commissione Indipendente Afghana per i Diritti Umani, durante il tour, organizzato da Non c’è Pace Senza Giustizia, che ad inizio marzo l’ha portata a Roma, Milano e Venezia. Akbar, attualmente in esilio, è stata vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale per la Pace e la Protezione dei Civili, ha esposto tutti i suoi timori riguardo quella che lei vede come una normalizzazione dei rapporti tra la comunità internazionale e il regime talebano. L’attuale governo di Kabul, mostrandosi aperto al dialogo e falsamente “attento” ai diritti umani cerca di instaurare legami con i governi occidentali e di accreditarsi come interlocutore credibile a livello internazionale. Per Shaharazad, come dimostra l’annuncio del negato accesso all’istruzione per tante ragazze, i talebani non sono cambiati e l’occidente non può decidere di legittimare il loro regime.