Giornata della Giustizia Penale Internazionale: NPSG chiede un maggiore impegno nella lotta contro l’impunità

17 Lug, 2017 | Comunicati Stampa

Bruxelles – Roma, 17 luglio 2017

 

Oggi, 17 luglio, è la Giornata Mondiale della Giustizia Internazionale: dopo anni di campagne condotte da  Non c’é Pace Senza Giustizia (NPSG) ed altri attori, questa data è stata scelta dall’Assemblea degli Stati parte della Corte Penale Internazionale (CPI) durante la prima conferenza di revisione dello Statuto di Roma, tenutasi nel Giugno 2010 a Kampala, in Uganda. La Giornata Mondiale della Giustizia Internazionale segna l’anniversario dell’adozione da parte di 120 stati dello Statuto di Roma, il trattato fondante della CPI, firmato nel 1998 ed entrato in vigore il 1 Luglio 2002.

Lo scorso anno è stato particolarmente arduo sia per la giustizia internazionale che per la Corte Penale Internazionale essendo stato teatro di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidi, iniziati e continuati ad essere perpetrati in numerosi paesi e colpendo le popolazioni più vulnerabili del mondo, che continuano a sopportare il peso di queste atrocità, che continuano ad essere incontrastati e ignorati. In particolare, durante la seconda meta del 2016, la scena internazionale che lotta contro l’impunità è apparsa indebolita e arrivata al punto più basso dall’adozione dello Statuto di Roma. Verso la fine dell’anno, tre stati membri dello Statuto di Roma hanno formalmente dichiarato la loro intenzione di recedere dallo Statuto della Corte e, contemporaneamente, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha continuato a rimanere arenato nello sviluppo di una concreta contro misura ai crimini commessi in Siria, nonostante i tremendi eventi che stavano accadendo ad Aleppo.

Ciò che ne è risultato, comunque, è stato che queste due situazioni sono diventate occasioni che hanno portato la comunità internazionale a mobilitarsi per chiedere giustizia e schierarsi dalla parte delle vittime. Durante l’annuale Assemblea  degli Stati membri della Corte Penale Internazionale, nel Novembre del 2016, gli Stati membri hanno colto l’occasione per ribadire il loro forte supporto per la CPI e, in generale, per la giustizia internazionale, dichiarando che non permetterebbero che i principi sui cui lo Statuto di Roma si fonda siano sacrificati a causa dell’ostruzionismo politico. Rivolgendosi alla seduta di apertura dell’Assemblea, l’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite Zeid Ra’ ad Al Hussein, ha esordito con uno strabiliante appello: “Nuovi attacchi alla Corte potrebbero essere imminenti. C’è bisogno di tutto il coraggio e le risorse degli Stati membri per resistere a queste sfide. Questo non è il momento della resignazione, questo è il momento per risolvere e rinforzare.” Ogni Stato ha poi risposto intimando il suo supporto per la Corte Penale Internazionale. L’imminente crisi è passata e due dei tre stati che volevano recedere hanno cambiato idea, ma rimane necessario di tenere continuamente presente l’appello dell’Alto Commissario, mantenere una posizione ferma, agire per la giustizia e tentare di offrire le adeguate forme di riparazione ogni qual volta vengono commessi crimini orrendi.

Il mese successivo ha visto l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, guidata dal Liechtenstein, iniziare ad agire in Siria laddove il Consiglio di Sicurezza ONU era stato incapace di farlo e creando il cosiddetto Meccanismo Internazionale, Imparziale e Indipendente (IIIM o Meccanismo) per supportare le investigazioni e la prosecuzione dei crimini commessi in Siria. Nonostante sia un piccolo passo, questa è stata la prima azione concreta presa dall’intera comunità internazionale per iniziare il percorso verso l’identificazione dei crimini commessi in Siria e le relative riparazioni per le vittime. Il suo mandato è limitato nell’architettare la raccolta, organizzazione, analisi e condivisione delle informazioni relative ai crimini con istituzioni che hanno la giurisdizione per poter intraprendere azioni concrete, nella forma di perseguimenti penali, ad un livello sia nazionale che internazionale. Mentre da alcuni è stato visto come un fallimento, questo mandato, seppur limitato, permette al Meccanismo di operare con le più alte probabilità di successo, evitando un eccessivo lavoro e stabilendo obiettivi realistici e realizzabili. Il banco di prova decisivo sarà specialmente quando arriverà il momento di adottare procedure e protocolli che aderiscono ai più alti standard internazionali, comprese misure di custodia, specifici standard per le interviste, meccanismi di controllo del rischio per staff e testimoni e le politiche per trattare con i minori e i crimini di cui sono stati vittime, sopratutto in quanto appartenenti alla categoria dei più vulnerabili e rispetto alla categoria di crimini meno perseguita e, infine, imparare dalle esperienze delle corti e tribunali internazionali, in particolare su come mobilizzare e adattare i loro meccanismi alle situazioni attuali. Inoltre è essenziale che la comunità internazionale garantisca il sostegno finanziario nonchè politico adeguati, in particolare attraverso la cooperazione  con il Meccanismo. Intanto, la nomina del nuovo Capo del Meccanismo è un segnale chiaro che la lotta contro l’impunità in Siria debba essere rinvigorita e che tale lotta debba far parte di un più ampio piano politico per risolvere il conflitto.

Questi due esempi sono piccoli rispetto all’attuale generale andamento delle cose. L’elezione del Presidente Duterte nelle Filippine ha dato inizio ad una serie di omicidi extra-giudiziali nel contesto di quella che è stata denominata “la guerra alla droga” e che ha oramai raggiunto il livello di crimini contro l’umanità. Le minoranze nel nord dell’Iraq continuano ad essere vittime degli orrendi crimini perpetrati dall’ISIS e dalle altre fazioni di combattenti, rendendo ancora più grave la crisi umanitaria. Bambini e ragazzi continuano a soffrire duramente in situazioni di conflitti e di disordini politici violenti, mentre la violenza di genere continua ad essere perpetrata sui più vulnerabili della società, sia donne che uomini. Innumerevoli atrocità continuano in altrettante innumerevoli parti del mondo.

Che questi due esempi ci diano la speranza che giustizia e i meccanismi di responsabilità combattano per durare ancora un po più a lungo e che, alla fine, prevalgano. Nel frattempo, continua ad essere di importanza vitale che gli Stati membri adempiano ai loro obblighi derivanti dallo Statuto di Roma e cooperino insieme alla CPI, in particolare per assicurarsi che la priorità rimanga l’esecuzione dei mandati di arresto. Non possiamo – e non dobbiamo – dimenticare che ci sono ancora numerosi latitanti dalla giustizia: il loro imminente arresto e comparizione davanti alla Corte è il minimo che le vittime possano pretendere. I vari paesi non possono permettere che il loro territorio divenga un luogo sicuro per criminali  dove questi si possano liberamente nascondere, e non ha importanza il loro ruolo nel loro paese di origine. Come riconosciuto dal diritto internazionale consuetudinario e dallo Statuto di Roma, non c’è alcuna immunità quando si tratta di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.

Per ulteriori informazioni, contattare Alison Smith, Direttrice del Programma di Giustizia Penale Internazionale a asmith@npwj.org or +32-2-548 39 12 o Nicola Giovannini, Coordinatore della Stampa e Affari pubblici a ngiovannini@npwj.org or +32-2-548-3915.