Myanmar: NPSG condanna con fermezza la nuova spirale di violenza contro i Rohingya

6 Set, 2017 | Comunicati Stampa

Bruxelles-Roma, 6 settembre 2017
La repressione armata seguita all’attacco apparentemente perpetrato lo scorso 25 agosto dai militanti di un piccolo gruppo armato, l’Arakhan Rohingya Salvation Army (ARSA), contro forze di sicurezza birmane nello stato di Myanmar ha portato secondo alcune stime a 400 morti. Seconda l’Agenzia ONU per i rifugiati, più di 200.000 Rohingya hanno cercato rifugio nel vicino Bangladesh, paese che già accoglie più di 40.000 Rohingya fuggiti negli scorsi anni. Le agenzie umanitarie delle Nazioni Uniti sono ancora impossibilitate a fornire soccorso, cibo e medicinali alla popolazione Rohingya, mentre osservatori sul campo hanno dichiarato che i magazzini che gestivano gli aiuti sono stati fatti chiudere.
Sin dal 1982, da cioè quando il governo del Myanmar (al tempo Birmania) si rifiutò di garantire la cittadinanza ai Rohingya, questa minoranza musulmana ha visto negati i propri diritti fondamentali, costretta a difficili condizioni di vita e spesso soggetta a dure repressioni da parte dei militari.
Dichiarazione di Alison Smith, Direttore del Programma di Giustizia Penale Internazionale di Non c’è Pace Senza Giustizia:

“Non c’è pace senza giustizia condanna con fermezza la nuova spirale di bruta violenza che ha colpito la già lungamente perseguitata minoranza musulmana dei Rohingya e chiede un’urgente azione a livello internazionale per fermare gli abusi perpetrati in quella zona.

“Chiediamo anche alle autorità del Myanmar di intraprendere azioni immediati al fine di assicurare protezione a tutte le comunità del Paese, ed allo stesso modo di fermare gli abusi condotti dai militari contro i Rohingya, per assicurare trasparenza sulle violazioni commesse contro i diritti umani e per consentire una piena assistenza umanitaria alle popolazioni in difficoltà.

“In special modo, le autorità di Myanmar dovrebbero finalmente prendere atto della sistematica discriminazione e segregazione attuata per decenni ai danni della popolazione Rohingya e delle altre minoranze musulmane a Rakhine.  Come primo passo, le autorità dovrebbero immediatamente procedere verso l’implementazione delle raccomandazioni recentemente delineate in un report stilato dalla Commissione Consultiva sullo Stato del Rakhine presieduta da Kofi Annan, come ad esempio la cancellazione delle discriminatorie leggi sulla cittadinanza.

“Attendiamo che Aun Suung Ki tenga fede alla sua immagine di campionessa dei diritti umani e della democrazia, per la quale è stata insignita del Premio Nobel per la Pace nel 1991. È ora che esca dal suo silenzio ed utilizzi la sua leadership per portare il Myanmar fuori da questa sordida ed aspra spirale di violenza e deprivazioni nella quale la popolazione Rohingya è stata intrappolata”.

Per maggiori informazioni, si prega di contattare Alison Smith on asmith@npwj.org, oppure Nicola Giovannini (ufficio stampa): ngiovannini@npwj.org /+32-2-548-3915.