Sin dal 1982, da cioè quando il governo del Myanmar (al tempo Birmania) si rifiutò di garantire la cittadinanza ai Rohingya, questa minoranza musulmana ha visto negati i propri diritti fondamentali, costretta a difficili condizioni di vita e spesso soggetta a dure repressioni da parte dei militari.
“Non c’è pace senza giustizia condanna con fermezza la nuova spirale di bruta violenza che ha colpito la già lungamente perseguitata minoranza musulmana dei Rohingya e chiede un’urgente azione a livello internazionale per fermare gli abusi perpetrati in quella zona.
“Chiediamo anche alle autorità del Myanmar di intraprendere azioni immediati al fine di assicurare protezione a tutte le comunità del Paese, ed allo stesso modo di fermare gli abusi condotti dai militari contro i Rohingya, per assicurare trasparenza sulle violazioni commesse contro i diritti umani e per consentire una piena assistenza umanitaria alle popolazioni in difficoltà.
“In special modo, le autorità di Myanmar dovrebbero finalmente prendere atto della sistematica discriminazione e segregazione attuata per decenni ai danni della popolazione Rohingya e delle altre minoranze musulmane a Rakhine. Come primo passo, le autorità dovrebbero immediatamente procedere verso l’implementazione delle raccomandazioni recentemente delineate in un report stilato dalla Commissione Consultiva sullo Stato del Rakhine presieduta da Kofi Annan, come ad esempio la cancellazione delle discriminatorie leggi sulla cittadinanza.
“Attendiamo che Aun Suung Ki tenga fede alla sua immagine di campionessa dei diritti umani e della democrazia, per la quale è stata insignita del Premio Nobel per la Pace nel 1991. È ora che esca dal suo silenzio ed utilizzi la sua leadership per portare il Myanmar fuori da questa sordida ed aspra spirale di violenza e deprivazioni nella quale la popolazione Rohingya è stata intrappolata”.
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