NPSG esorta il Ciad a dimostrare il proprio impegno per la giustizia, non garantendo impunità al Presidente al-Bashir

15 Feb, 2013 | Comunicati Stampa

Roma-Bruxelles, 15 febbraio 2013

Il Presidente del Sudan Omar al-Bashir è atteso oggi nella Repubblica del Ciad per partecipare alal riunione del Community of Sahel-Saharan (CEN-SAD), a seguito dell’invito ufficiale del Capo di Stato, Idriss Deby Itno. Il Presidente sudanese è soggetto ad un mandato di arresto da parte della Corte Penale Internazionale (CPI) per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi contro la popolazione civile in Darfur. Il Ciad è uno Stato Parte della CPI e come tale ha l’obbligo, sancito dal trattato istitutivo, di arrestare chiunque sia oggetto di un mandato di arresto della Corte. Non c’è Pace Senza Giustizia, insieme ad altri attivisti per i diritti umani, hanno fortemente criticato le precedenti visite in Ciad nel 2010 e 2011 di Al Bashir, le quali hanno hanno la indubbiamente minato la credibilità del paese e del suo impegno a favore di vittime di atrocità commesse in darfur ed in tutto il mondo.

Dichiarazione di Alison Smith, Consigliere Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:

“Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT) chiedono al governo del Ciad di ottemperare ai suoi obblighi di Stato Membro della CPI e arrestare il Presidente del Sudan Omar al-Bashir finché si trova sul suo territorio. È la terza volta che il Presidente sudanese visita il Ciad mentre è soggetto ad un mandato di arresto internazionale; il Ciad dovrebbe astenersi dall’offrire ospitalità a fuggitivi dalla Corte stessa, in spregio agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, e ristabilire credibilità dei propri impegni a favore di giustizia e attribuzione delle responsabilità. Ospitando il Presidente al-Bashir e nascondendo una volta ancora sotto il tappeto il mandato di arresto emanato dalla CPI contro di lui sarebbe un ulteriore insulto per le vittime dei crimini per i quali è ritenuto uno dei maggiori responsabili.

“Esortiamo, inoltre, la Corte e tutti gli Stati parte a pronunciarsi fermamente contro l’atteggiamento del Ciad di accogliere il Presidente del Sudan e di usare tutti i mezzi possibili per spingere il Governo di questo paese ad eseguire il mandato di arresto prima che egli lasci il paese. L’attuazione delle decisioni della CPI dipende dalla cooperazione degli Stati Parte. La Corte dovrebbe quindi mostrare, in assenza di questo supporto da parte degli Stati, una pronta risposta, usando tutti i mezzi a disposizione. La Corte e gli Stati membri, nonchè il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dato che proprio quest’ultimo ha deferito la situazione alla CPI, dovrebbero essere pronti ad adottare tutti i provvedimenti appropriati, qualora necessari.”

“Centinaia di milioni di vittime delle violenze in Darfur vivono ora come rifugiati nel Ciad e, secondo l’ultimo rapporto del Procuratore della CPI Fatou Bensouda al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la popolazione civile del Darfur continua ad essere bersaglio delle forze governative, con continue e diffuse violenze sessuali e di genere, crimini contro ativisti per i diritti umani, contro esponenti della società civile e capi delle comunità. Chiediamo con forza al Ciad di prednere posizione a favore della giustizia e di prenderla a favore delle vittime in Darfur, eliminando dall’equazione uno degli attori che è maggiormente responsabile del perdurare di decenni di instabilità”.

Per ulteriori informazioni, contattare Alison Smith all’indirizzo email asmith@npwj.org o al numero +32-2-548-3912, o Nicola Giovannini all’indirizzo ngiovannini@npwj.orgo al numero +32-2-548-3915.