Finché i princìpi della Primavera Araba non saranno protetti e difesi in Siria, il sogno di una nuova era in Medio Oriente non potrà realizzarsi, e le speranze di democratici e difensori della libertà siriani, tunisini ed egiziani non potranno essere coronate. Finché ad un regime tirannico e omicida sarà concesso di giocare con le parole e nascondere le sue mani insanguinate sotto l’inganno di esplicite bugie e convenevoli diplomatici, non ci sarà alcuna possibilità perché a Damasco siano finalmente instaurate la pace e la giustizia.
Il filosofo arabo Al-Kawakibi scrisse “Un governo tirannico è un governo che non è guidato da un codice di legge o dalla volontà del popolo”. Il regime di Assad ha infranto tutte le leggi nazionali ed internazionali, e per mesi ha promesso al suo popolo ed alla comunità internazionale che avrebbe accolto la richiesta di riforme democratiche e dialogo politico, e questo mentre continuava a bombardare in maniera indiscriminata obiettivi civili ed espandere la sua rete di prigioni e camere di tortura, uccidendo oltre 10mila persone e terrorizzandone a milioni.
L’ultima farsa messa in atto dal regime siriano, con il sostegno dei suoi protettori Cina e Russia, è l’attuazione della Risoluzione 2042 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che autorizza l’immediato dispiegamento in Siria di un gruppo di fino a 30 osservatori, il quale, una volta che la situazione si sarà stabilizzata, sarà seguito dall’invio di un più ampio contingente che potrà includere fino a 250 elementi, al fine di supervisionare l’incerto e fragile cessate il fuoco, nonché l’esecuzione del piano di pace in 6 punti elaborato da Kofi Annan. Gli osservatori ONU, tuttavia, sin dal loro arrivo, hanno già trovato difficoltà ed ostacoli posti dal governo e sono ancora bloccati a Damasco, mentre i rapporti su uccisioni ed operazioni militari nelle aree urbane continuano a dominare le notizie. Da quando è stato dichiarato il cessate il fuoco, infatti, sono state riportate ben 68 azioni violente del regime, compreso il bombardamento con artiglieria pesante di zone urbane, spari a manifestanti ed altri civili, raid con veicoli corazzati in città e quartieri che fanno parte dell’opposizione, manifestazioni interrotte con sparatorie, aggressioni fisiche ai dimostranti ed arresti.
Finché non sarà pienamente eseguito il piano di Annan, finché il regime siriano non rispetterà un concreto e reale impegno per un “processo politico inclusivo e guidato dai siriani che affronti le aspirazioni legittime e le preoccupazioni della popolazione”, finché lo stesso non assicurerà “tempestiva prestazione di assistenza umanitaria in tutte le aree interessate dal conflitto”, non aumenterà “il ritmo ed il numero dei rilasci delle persone arrestate in maniera arbitraria”, non garantirà “a tutti i giornalisti libertà di movimento in tutte le aree del Paese” e non si deciderà a “rispettare la libertà di associazione ed il diritto di manifestare pacificamente”, il Presidente Assad ed il suo regime di terrore dovranno essere ritenuti in aperta violazione delle leggi nazionali ed internazionali, e la comunità internazionale dovrebbe adottare ogni misura possibile per portare pace e giustizia al popolo siriano.
Le azioni messe in atto dal regime, tuttavia, suggeriscono che esso non ha intenzione di negoziare altro che non sia la resa dell’opposizione. La speranza è che le risoluzioni 2042 e 2043 rappresentino un primo, anche se timido, passo verso un’azione più incisiva volta a porre fine all’impunità, e preparare la persecuzione di coloro che portano la responsabilità per crimini di guerra, contro l’umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani perpetrate a danno della popolazione civile in Siria. L’ONU, o altri Paesi disponibili, se Cina e Russia continueranno a proteggere e fare scudo al regime di Assad, dovrebbe fornire alla missione degli osservatori in Siria tutte le competenze e le risorse necessarie per monitorare efficacemente tutte le parti del piano, in particolare quelle relative al passaggio di potere e alla costituzione di istituzioni democratiche e pluraliste.
Per poter assicurare un inclusivo processo di transizione verso la democrazia, inoltre, devono anche essere sviluppati solidi ed efficaci meccanismi di attribuzione delle responsabilità e di monitoraggio per le violazioni dei diritti fondamentali individuali, insieme alla persecuzione dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità. Allo stesso tempo, la comunità internazionale dovrebbe assistere e supportare gli attivisti siriani per la democrazia, i difensori dei diritti umani ed i rappresentanti della società civile, per sviluppare ed ampliare le loro competenze con riguardo ai metodi di resistenza nonviolenta, unificare l’opposizione ed incoraggiare obiettivi comuni tra i vari gruppi, così da promuovere e riaffermare i diritti umani e politici sanciti in Trattati e Convenzioni internazionali e, infine, creare un’ampia ed inclusiva piattaforma democratica che possa agire come contro-potere rispetto a coloro che vogliono che la Primavera Araba, in Siria e nel resto della regione, fallisca.
In definitiva, è fondamentale che la comunità internazionale ribadisca il suo impegno per la piena protezione dei diritti umani e dei valori democratici e si adoperi per far rispettare la giustizia quando questi diritti sono negati. Occorre tenere presenti le parole di Al-Kawakibi e stabilire un precedente per confermare che il tessuto sociale e politico di una nazione deve necessariamente basarsi sulla volontà della popolazione di essere governata dalle persone che effettivamente sono al potere, e che questo obiettivo può essere raggiunto soltanto attraverso sistemi politici pluralisti all’interno dei quali i cittadini godono di pari diritti, indipendentemente dalle loro affiliazioni, appartenenze etniche, genere o credo religioso.
* Gianluca Eramo è il Coordinatore del Programma per la democrazia nella regione MENA e capo dell’ufficio di New York di NPSG.