Necessario, ma sufficiente? Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizza un nuovo organo per investigare sulle armi chimiche in Siria

8 Ago, 2015 | Comunicati Stampa

Bruxelles – Roma – 8 Agosto 2015

Il 7 agosto 2015 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto – attraverso la Risoluzione 2235 (2015) – al Segretario Genereale ONU di lavorare con l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) al fine di creare un meccanismo investigativo congiunto per identificare i responsabili dell’uso di armi chimiche in Siria. Questa decisione segue l’adozione, da parte dello stesso Consiglio di Sicurezza, della Risoluzione n. 2118 del 27 settembre 2013, la quale chiedeva di terminare il programma siriano di armi chimiche e i perduranti attacchi nel Paese, nonostante un annuncio dell’OPAC I 2014, secondo cui la più letale riserva di armi chimiche dichiarata dal regime siriano era stata distrutta.

Dichiarazione di Alison Smith, Consulente Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:

“Quest’ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza sulla Siria dev’essere certamente ben accolta, giacchè punta i riflettori su quanto sta accadendo ai cittadini siriani ogni giorno, compreso un certo numero di casi di uso indiscriminato di armi chimiche contro civili. Nonostante questo sia un passo necessario per supportare la lotta contro l’impunità in Siria, Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito credono che esso sia solamente un miglioramento che, da solo, è insufficiente ad assicurare giustizia.

“La risoluzione crea il meccanismo investigativo congiunto per identificare individui, enti, gruppi o governi coinvolti nell’uso di elementi chimici come armi. Questo è un precursore indispensabile per far valere la responsabilità di questi individui, enti, gruppi e governi, come è – fra l’altro – statuito nel preambolo della risoluzione stessa. Tuttavia, il documento non spiega come l’accountability dovrebbe essere raggiunta. Come Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito hanno più volte sottolineato in passato, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe avere un ruolo di leadership mondiale nel supporto dell’accountability e della giustizia in Siria – ma temiamo che quest’ultima risoluzione non sia ancora all’altezza di quel ruolo.

“Inoltre, pur concordando nel dire che le bombe-barile e le armi chimiche sono una delle più grandi minacce nella Siria odierna, dobbiamo ricordare che ci sono stata cinque anni di spargimenti di sangue che vanno oltre questi tipi di armi. Second le stime delle Nazioni Unite, sono più di 220.000 le vittime di gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, documentate e denunciate da ONG indipendenti e dalla stessa ONU. Queste vittime non possono essere dimenticate. Tutti i coloro che hanno commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra devono essere ritenuti responsabili, in modo da porre fine alle aspettative e ai riconoscimenti di impunità nel conflitto siriano.

“Insieme al popolo della Siria, il senso di umanità sta morendo un poco ogni giorno in Siria, sotto alle bombe-barile lanciate dagli elicotteri del regime, sotto le macerie di scuole e ospedali colpiti indisciminatamente dalle varie fazioni, tra le persone affamate delle zone assediate, dove gli aiuti umanitari non possono entrare. L’umanità muore ogni giorno mentre le minoranze sono inseguite e cacciate come animali. Tutto ciò non può essere dimenticato e deve essere affrontato.

“È tempo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite parli a una sola voce per prendere tutte le misure necessarie per elaborare un meccanismo comprensivo ed efficace che provveda alle investigazioni e alle azioni legali relative alla crisi siriana. Noi chiediamo al Consiglio di Sicurezza di completare questo meccanismo allocando i propri sforzi nella lotta per fermare il conflitto, donando sollievo a quanti ancora vivono in Siria e la possibilità di tornare a casa ai milioni di rifugiati nei paesi confinanti. Il futuro di un’intera generazione di siriani e della Siria stessa poggia su questo – semplicemente, non possiamo permetterci di deluderli ancora una volta.”