Giornata mondiale della giustizia internazionale: NPSG e PRNTT richiedono un impegno più forte nella lotta contro l’impunità

Roma - Bruxelles - New York, 17 luglio 2015


 
#JusticeMatters oggi 17 Luglio e ogni giorno perchè impunità significa più violenza, ma la giustizia è un percorso verso la pace
 
Oggi, 17 Luglio, è la giornata mondiale della giustizia internazionale: dopo anni di campagna da parte di Non c’è Pace Senza Giustizia e altri, questa data venne adottata da parte dall’Assemblea degli stati membri della Corte Penale Internazionale (CPI) durante la prima conferenza di revisione dello Statuto di Roma tenutasi a Kampala, Uganda, nel luglio del 2010. La Giornata internazionale della giustizia segna l’anniversario dell’adozione da parte di 120 stati nel 1998 dello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della CPI, entrato in vigore il 1 Luglio del 2002.
 

 
 
Dichiarazione di Alison Smith, Consilgiere Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:
 

“Per più di un decennio, Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT) hanno celebrato la giornata mondiale della giustizia internazionale come un importante pietra miliare nella storia del mondo, particolarmente per le vittime dei crimini stabiliti dal diritto internazionale. In questo giorno, nel quale la CPI è nata grazie all’adozione del suo statuto nel 1998, noi commemoriamo questo momento con i nostri partners e con chiunque sia coinvolto nella lotta contro l’impunità, compresa la stessa CPI.
 
“Oggi è il momento di riflettere, per considerare l’impatto degli sforzi della giustizia internazionale su quelle vittime e su quelle popolazioni che hanno attraversato un conflitto e periodi di intensa violenza politica. Purtoppo, nel corso dello scorso anno, le sfide sembrano aver avuto la meglio sui risultati; senza un cambiamento all’interno della comunità internazionale che dia priorità alla giustizia e i risarcimenti per le vittime, è probabile che l’anno che abbiamio davanti sia tempestato dalle stesse difficoltà. Come abbiamo detto lo scorso anno, affinchè ci sia un reale progresso nella lotta contro l’impunità, sono due le cose che devono accadere. In primo luogo, gli Stati devono approfittare di ogni singola opportunità per riaffermare pubblicamente il loro impegno contro ogni tentativo di adottare l’impunità, in ogni luogo nel quale minacci di accadere, e devono poi seguire queste parole e far sì che si realizzi l’accountability. In secondo luogo è allo stesso modo importante che le vittime e le popolazioni che hanno direttamente o indirettamente sofferto crimini riconosciuti dal diritto internazionale debbano essere all’inizio e al centro del processo di giustizia: essi non sono infatti un’aggiunta o un lusso, essi sono la principale ragione per la quale noi lottiamo contro l’impunità.
 
“Lo scontro in atto in Siria – e il deliberato attacco contro la popolazione civile – ha marcato il suo quarto anniversario a Marzo. Questo è dunque il quinto anno, da quando il conflitto è cominciato nel 2011, nel quale il mondo ha fallito nel mettere fine all’atroce sofferenza che colpisce spropriorzionalemente i civili, in modo particolare donne e bambini. Nonostante le nobili parole, la comunità internazionale ha fallito nel dare priorità all’accountability e fallito nel guidare le possibilità da essa stessa proclamate di aiutare a portare un accordo pacifico e politico al conflitto. Se possible, nell’ultimo anno il popolo della Siria ha affrontato minacce ancora più gravi, con la comparsa dell’ISIS sul territorio siriano, che ha ulteriormente colpito i civili con crescente brutalità, lasciando loro sempre meno spazio per vivere le loro vite e sempre meno possibilità di veder crescere una nuova generazione di siriani in un modo di pace che garantisca i loro diritti. Quei membri della comunità internazionale che continuano a ostacolare l’accountability dovrebbero abbassare il capo per la vergogna e prendersi un momento per considerare le sofferenze che le loro azioni permettono di continuare impunemente.
 
“Quest’anno è stato un’altra dimostrazione che l’assenza di aiuti finanziari sta mettendo a rischio la giustizia penale internazionale e le promesse fatte alle vittime ed alle comunità colpite da questo dramma. Un buon esempio di questo fenomeno è costituioto dalla Corte Speciale Residuale per il Sierra Leone (CSRSL), creata per mantenere l’investimento della comunità internazionale, e stabilizzare e preservare l’eredità della Corte Speciale per il Sierra Leone (CSSL) in Sierra Leone, Liberia ed altrove. La CSRSL sta affrontando le stesse sfide che la Corte Speciale ha fronteggiato nel cercare finanziatori per il proprio lavoro; allo stesso modo, anche i rischi di fallimento sono gli stessi: un collasso della Corte Speciale Residuale sarebbe un segnale del fatto che giustizia ed accountability non sono le priorità della comunità internazionale, il che incoraggerebbe i criminali nel resto del mondo. Noi raccomandiamo fortemente alla comunità internazionale, ed in particolare agli Stati che hanno supportato il Sierra Leone nel corso degli anni, di assicurare che la Corte Speciale Residuale per il Sierra Leone, subentrata alla CSSL, possa beneficiare del modesto finanziamento di cui necessita per espletare le sue funzioni essenziali. Questo è l’unico modo per assicurare che l’eredità della Corte Speciale non vada persa per il Sierra Leone, la regione ed il mondo intero.
 
“Nel corso dell’anno passato, due eventi significativi concernenti la Corte Penale Internazionale – la caduta del caso contro Uhuru Kenyatta ed il trasferimento di Dominic Ongwen all’Aja – dimostrano che le politiche del passato hanno gettato un’ombra sulla capacità di questa istituzione di influenzare la giustizia reale. Per tale ragione, ci rincuora la riconcettualizzazione, all’interno della CPI, del lavoro di due dei suoi maggiori organi, l’ufficio del Procuratore e il Registro. In particolare, è da applaudire il progetto di revisione lanciato dal Cancelliere allo scopo di ristrutturare le operazioni della Cancelleria un modo più snello e settoriale. Riconosciamo che ci siano delle sfide all’interno di quel processo, soprattutto circa la questione di come una nuova struttura e un nuovo approccio proteggeranno i diritti delle vittime e degli imputati, ma era chiaro che ci fosse la necessità di una riforma dell’istituzione e di un nuovo orientamento della stessa per assicurare giustizia alle vittime e alle comunità colpite. Noi incoraggiamo tutti gli attori a supportare la CPI nell’attuazione di questi cambiamenti e ad aiutarla a diventare un vero e proprio faro di speranza per coloro che ne hanno bisogno per continuare a lottare per la pace e la giustizia in tutto il mondo.
 
“Allo stesso tempo, continua ad essere di cruciale importanza per tutti gli Stati Membri implementare i loro obblighi derivanti dallo Statuto di Roma e cooperare pieamento con la CPI, in particolare assicurando quale priorità l’attuazione di tutti i suoi mandati d’arresto in sospeso. Non possiamo – e non dobbiamo – dimenticare che ci sono ancora numerosi fuggitivi dalla giustizia: il loro pronto arresto e trasferimento per affrontare la giustizia è il minimo che le loro vittime merinato. I Paesi non possono permettere che il proprio territorio divenga un paradiso sicuro in cui persone accusate di crimini di guerra possano nascondersi, a prescindere dalla loro posizione nel loro Stato d’origine. Come riconosciuto nel diritto internazionale consuetudinario e nello Statuto di Roma, non esiste immunità quando si tratta di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.”
 
Per maggiori informazioni, contattare Alison Smith (asmith@npwj.org /+32-2-548 39 12) oppurr Nicola Giovannini (ngiovannini@npwj.org / +32-2-548-3915).